Se invece di arrivare a nuoto, il 10 Ottobre 2012, Beppe Grillo, reincarnato Colapesce a 64 anni, fosse arrivato in Sicilia a bordo di un lussuoso yacht di 3 piani, il Movimento 5 stelle, 18 giorni dopo, in occasione delle elezioni regionali siciliane, non avrebbe preso solo 285 000 voti, ma probabilmente 1 milione.
Grillo aveva colto nel segno: in una terra dove la leggenda e il mito si mescolano quotidianamente alla realtà, in una terra dove la frontiera tra l’immaginazione e la storia è più sottile dell’aria, in una terra da sempre oggetto di conquista, la traversata a nuoto dello stretto di Messina in poco più di un’ora, smuovendo nei siciliani il ricordo di gesta epiche, sarebbe bastato (e così fu!) a fare del M5S il primo partito dell’isola.
Grillo sottovalutò però un aspetto molto importante della psicologia isolana: in Sicilia l’apparire conta più di ogni altra cosa.
Nonostante la bravura eroica, nonostante il coraggio di sfidare l’infarto al primo chilometro – dato per scontato dai bookmakers inglesi -, non si può pretendere di arrivare nella nostra isola da conquistatori con una maschera e un boccaglio!
Se Grillo fosse invece sbarcato dal ponte di un lussuoso e imponente yacht, non avrebbe racimolato solo 285000 voti, avrebbe conquistato tutta l’isola, tutta.
La Sicilia è terra seria, è terra tragica e anche comica, ma comunque ha sempre tenuto ad apparire seria. Un politico, un notabile, da noi, porta giacca e cravatta, e non pinne e boccaglio.
Ed è così che il rispettabile Rosario Crocetta, acclamato eroe antimafia, europarlamentare PD, “per di più” con un coming out gay (come se l’omosessualità dichiarata del candidato governatore, trasformata in leva politica, dovesse essere necessariamente un’opportunità di catarsi per il popolo siciliano), toglie di mano la scimitarra da conquistatore a Grillo Colapesce rispedendolo, come vuole la leggenda, nei fondali del mare.
Essere, o non essere… Se Shakespeare fosse stato siculo, il dilemma amletico non sarebbe certo stato quello che conosciamo. Piuttosto “essere o apparire?” Essere, o apparire, this is the question… Che coincidenza e che rivelazione per gli adepti del simbolo: in un momento in cui i siciliani sembravano aver cominciato a voltar le spalle alla maledizione mafiosa, in un momento in cui anni di connessioni internet giungevano a maturazione creando una speranza di normalità anche per l’étrange Sicilia, dopo 3 anni dalle mitiche elezioni regionali del 2012, i siciliani scoprono in questi giorni che il nuovo, la rivoluzione, il cambiamento epocale, le promesse di giustizia, di normalità, sbandierati all’indomani della vittoria della coalizione di sinistra, sono l’ennesima farsa, l’ennesima grande illusione. I siciliani scoprono che il governatorato magico di Crocetta, il governatorato di tutti i possibili ruotava quasi esclusivamente e meschinamente intorno a Villa Sofia (è possibile?), un’ospedale, e in particolare intorno al reparto di chirurgia estetica.
Chirurgia. Estetica! Allora… essere o apparire? Come se il cardine della politica siciliana, il suo epicentro, il suo simbolo fosse coagulato intorno ad un bisturi capace di far passare questo per quello, il brutto per bello, la mafia per l’antimafia, mazzette per investimenti, immobilismo per progresso, “solite cose” per miracoli.
“Miracolo”, sono le parole di Rosario Crocetta appena eletto: “Con me cambia la storia. Il vero innovatore sono io. Da domani entra aria pulita e fresca in quel palazzo. Oggi è cambiata la storia, il miracolo è riuscito.”
Il miracolo è riuscito.
Dopo 3 anni di miracolo, a sentire le ultime cronache, sembra quasi impossibile decifrare cosa sia la politica in Sicilia. Forse nulla si è mai mosso. E poi 3 anni.. non sono niente: cosa vuoi cambiare in 3 anni? Se uno scrittore in cerca di successo dovesse presentare ad Hollywood un copione ispirato dalle vicende recenti della politica siciliana verrebbe irriso, liquidato con un “troppo fantasioso, scherziamo? non è credibile…”.
Questa storia fantastica inizia all’indomani dell’elezione di Rosario Crocetta con una profusione di dichiarazioni e di promesse a tutto campo: lavoro, giustizia, sviluppo, 24mila posti di lavoro, pioggia di fondi europei, apertura di caffetterie nei musei e sulle spiagge, produzione di energie rinnovabili, tagli degli sprechi, moralizzazione, stop ai privilegi, dimezzamento degli stipendi e dei benefit dei 90 deputati dell’ARS, abolizione delle provincie… Crocetta non perde tempo, nomina subito Franco Battiato e Antonio Zichichi assessori.
Il primo avrebbe dovuto far conoscere e spiegare la Sicilia al mondo, cosa difficilissima quando risulta già impossibile ai siciliani spiegare la Sicilia a sé stessi. Zichichi, che si occupa invece di universi paralleli, ha in mente per la Sicilia il progetto Archimede, un progetto che dovrebbe, anche questo, riportare la Sicilia al centro del mondo.
Probabilmente, visto com’è andata a finire con i due assessori, Crocetta non ha mai creduto a questo progetto, ma forse sperava, come nei fumetti, che lo scienziato gli rivelasse il segreto per accedere ad una Sicilia cosmica parallela, una Sicilia vergine e immateriale in cui avrebbe potuto operare senza intralci per produrre degli effetti in quella reale. I mesi intanto passano e tra revoche eccellenti, nuove e inesplicabili nomine, delusioni, diversioni, scelte incomprensibili del governatore, nonostante i proclami, la Sicilia, che doveva ripartire, si impantana sempre di più. Il debito dell’isola in soli tre anni raddoppia (8 miliardi di €). Le entrate diminuiscono, le spese aumentano. Acqua, rifiuti, energia: le riforme sbandierate diventano riforme mancate. La questione morale con Crocetta sembra diventare questione immorale ogni giorno che passa.
Ma in Sicilia l’apparire conta più di ogni altra cosa. Cos’altro fare di meglio se non rifugiarsi nell’ultimo rimedio, il più estremo, il migliore? Chirurgia. Estetica!
In questi giorni ho ripensato alla prima volta in cui sentii parlare di Rosario Crocetta. “Halte à la mafia”, un documentario della televisione franco-tedesca ARTE.
Il racconto di Crocetta Sindaco di Gela, europarlamentare, mi affascinò non senza lasciarmi perplesso: l’uomo politico si presentava alle telecamere straniere come l’ultimo degli eroi antimafia. Essere o apparire? C’era nel suo raccontarsi un ambiguo teatrale compiacersi nel sacrificio. Un carattere sacrificale non esclude l’impulso all’autodistruzione.
Ferite, ferite emozionali: ti fanno diventare grasso o troppo magro, timido e impacciato o aggressivo, espansivo o solitario, collerico o posato, vanitoso o modesto, costruttivo o distruttore… A volte le ferite guariscono, a volte te le porti dietro tutta la vita, a volte sono talmente insopportabili che vorresti, delle tue ferite, inondare il mondo intero, un continente, un paese, un’isola, se possibile…
Stefano Alderuccio