Bartleby, lo scrivano, è un romanzo breve di Herman Melville, pubblicato negli USA nel 1853, a Wall Street, in una Città industriale e commerciale, in cui Bartleby viene assunto come copista in uno studio di un Avvocato.
Ed è proprio l’Avvocato, la voce narrante del romanzo, una figura anonima, che ha un ruolo di potere nei confronti di Bartleby e degli altri dipendenti.
Bartleby viene descritto come una persona dall’aria fuori dal tipo comune, pallido, silenzioso, un tipo defilato, ma rispettabile nella sua decenza, un lavoratore che lavora senza mai risparmiarsi, che nelle pause di lavoro si limita a mangiare dei pasti frugali, non fuma, non prende caffè né alcolici, riprendendo il lavoro ancora prima del tempo del fine pausa, divenendo sotto questo aspetto un esempio per il personale dello Studio, infatti, l’Avvocato lo colloca vicino al suo tavolo di lavoro appena separato da un vetro.
Ma un giorno, in un periodo in cui nello Studio il lavoro aumentava sempre di più, il Direttore chiama Bartleby nel suo Ufficio chiedendogli di andare al vicino Ufficio Postale, per ritirare la posta, perché il Fattorino quel giorno era occupato in altri lavori, e Bartleby con la sua calma e il tono fermo, risponde: “Preferirei di no“.
Glielo disse senza alcuna forma di rivalsa, e questo sorprese un po’ il Direttore fino a disarmarlo dalla sua ordinaria e normale pretesa di una risposta positiva, nello stesso tempo si pose del perché di questa semplice risposta fuori dal ruolo di comando, che aveva sempre esercitato.
Il comportamento di Bartleby scosse un po’ le abitudini del Direttore, che continuò a chiedergli dei favori, ma Bartleby rispondeva sempre: “Preferirei di no“, un “Preferirei di no“, che venne ripetuto a ogni richiesta del Direttore.
Una frase secca di dissenso a ogni forma di dialogo, che divenne un mantra interiore per il Direttore, che cominciò a farsene un problema fino a mettere in discussione il suo ruolo e la sua tranquillità di borghese rispettabile, che frequentava un contesto di professionisti suoi pari.
Un giorno di buon mattino andando in Ufficio, non riuscì ad aprire la porta d’entrata perché era chiusa dal di dentro, infatti, Bartleby da dietro la porta gli rispose: “Ancora non sono pronto “ , venga più tardi!
Fu così che scoprì che Bartleby non aveva una sua casa, che a sua insaputa si era sistemato accanto al posto dove lavorava, dove anche dormiva, questa scoperta lo sconvolse, anche se la sua coscienza lo combatteva tra licenziarlo o aiutarlo, ma decise di parlarne ai suoi dipendenti, con cui si coalizzò contro Bartleby mettendoglieli contro, questi sentendosi protetti, cominciarono a provocarlo, a gettargli degli sguardi di disapprovazione, al punto che Bartleby smise di lavorare perché stanco del lavoro ripetitivo e alienante, ma anche dell’aria diventata pesante, che si respirava nello Studio.
Il Direttore non riuscì più a contenersi per la rabbia, chiamò Bartleby gli diede dei soldi e lo licenziò, ma Bartleby li rifiutò, e ancora una volta gli rispose: “Preferirei di no“.
Il Direttore sgomento per il comportamento di Bartleby, decide di trasferire lo Studio in un altro luogo della Città, vendendo i locali a dei suoi colleghi Avvocati, che sono i nuovi proprietari dell’edificio, che però si ritrovano Bartleby in casa, per cui invitano il loro collega per liberarsi di Bartleby, ma ancora una volta Bartleby, in presenza del suo ex Direttore, all’invito di andarsene risponde: “Preferirei di no“, per poi posizionarsi in piedi davanti a un muro, come aveva fatto tutte le altre volte dopo avere risposto al suo Direttore “Preferirei di no“.
Fu così che Bartleby viene denunciato per vagabondaggio finendo in prigione, dove l’ex Direttore a causa della sua coscienza frammentata di borghese e dei sensi di colpa che non riusciva a decostruire, va a cercarlo in carcere, dove lo trova seduto in un angolo, che sembrava dormire, ma provando a muoverlo un po’ vede e si rende conto che Bartleby era morto.
Questa più o meno la trama del romanzo di Herman Melville, autore del famoso romanzo Moby Dick, divenuto uno dei capolavori della letteratura Americana.
Sono stati tanti i critici che si sono occupati di questo romanzo dai contenuti filosofici e politici, da quando è stato pubblicato ad oggi, ne viene fuori un ventaglio di interpretazioni, ad esempio, è stato visto sotto l’aspetto Politico, Psicologico, Esistenziale, Mistico, Esoterico, ecc.
Si sono anche fatti degli accostamenti a romanzi e racconti come: Lo straniero di Camus, Il Processo di Kafka, L’Idiota di Dostoevskij, Aspettando Godot di Beckett, Paradiso Perduto di Miller.
L’interpretazione da parte mia, al di là di ogni altra interpretazione, è quella “politica esistenziale“, perchè si parla di un individuo in rapporto con un Potere e con delle Istituzioni pubbliche, che vive ed opera in una società autoritaria, divisa in classi sociali, ed il suo datore di lavoro è un Avvocato, che incarna un sistema di Potere di cui fa parte e da cui dipende, mentre Bartleby è un lavoratore subordinato, che vive la sua esistenza molto precariamente, e che di conseguenza viene sfruttato sotto ogni aspetto.
Per questo comincia a dissentire, a dire di no, e con la sua pratica non – violenta tende a creare delle crepe nel linguaggio della maggioranza, in quella maggioranza che incarna il Capitale e il Potere, divenendo un individuo contro il Sistema Capitalista.
“Preferirei di no”, questa è la frase con cui si oppone all’ordine dominante, ripetendola tutte le volte che gli veniva chiesto un lavoro extra da fare, facendo intuire di avere un altro movimento di pensiero rispetto a quello autoritario e violento del Potere, che rientra in un Dizionario diverso da quello del sistema del Capitale, infatti, Bartleby è un “nomade del pensiero“ che cerca delle vie di fuga dall’oppressione del pensiero e della cultura dominante.
Nella sua formula: “Preferirei di no“ vi è la dimensione di un individuo singolare, “… che parla una “ lingua straniera“, una lingua che scava un’altra lingua nella lingua “… , “… disattivando gli atti linguistici con i quali un padrone può comandare “…(Deleuze).
La sua morte è solo simbolica, che si esprime oltre al significato, denunciando i danni del sistema Capitalista autoritario e violento che non fa che circoscrivere culturalmente e politicamente soprattutto l’individuo, che vuole vivere una vita autentica e non falsa, come quella che il Potere vuole imporci con la costrizione e con la forza attraverso le sue istituzioni, e il suo linguaggio biforcuto e mistificante. Non era Max Stirner a dire che: “il nostro peggiore nemico è il linguaggio perché ci colloca contro un esercito di luoghi fissi? “
Roberto Bellassai