“Elogio del toccare”, è il titolo di un libro di Luce Irigaray, pubblicato nel 2013, dalla Casa Editrice Il Melangolo, un libro diviso in cinque capitoletti che compongono le quasi cinquanta pagine di questo prezioso piccolo libro.
Luce Irigaray, una filosofa, psicoanalista, linguista e femminista della “differenza“, in questo libro sostiene che la nostra energia vitale non viene coltivata come energia naturale a causa del primato del pensiero che prevale nella cultura occidentale.
Un concetto di cultura che esclude la dimensione del “tatto“, quindi del pensiero insieme alla dovuta armonia con il “corpo“, venendo così a mancare quel concetto di cultura in cui è compresente il “tatto“, non permettendo la crescita sia personale che culturale del soggetto, bloccandolo/a in uno stato superficiale con se stesso e con l’altro/a, a cominciare dal rapporto con la madre, che attraverso la “gabbia“ della famiglia e della cultura tradizionale reprime l’energia naturale (intime carezze) , trasformandola in comportamenti di dominazione o di sottomissione, esercitando attraverso il potere di madre tradizionale identificata con la cultura patriarcale, che viene trasmessa ai bambini/e, che per nove mesi porta in grembo.
Nè la psicoanalisi ha realmente studiato il ruolo che può avere il “ tatto “ nella crescita non solo del bambino/a nella sua formazione, quindi nell’adulto/a nel rapporto e nel dialogo con l’altro/a, di conseguenza il soggetto sia donna che uomo vive in maniera separata da se stesso, infatti, l’uomo/a occidentale è diviso tra Dioniso e Apollo, tra irrazionalità e razionalità, tra l’energia vitale senza limiti, aperta all’intensità, ai flussi e ai riflussi, e all’energia statica, classica, che circoscrive i confini.
Secondo la filosofa belga, il percorso per coltivare il senso del “ tatto “ per arrivare ad una reale armonia tra corpo e mente non è in discesa, ma si presenta in salita, in cui il corpo rimane separato e distante dal pensiero, creando e stabilendo la mancanza di armonia nel soggetto , così come nel campo della filosofia e di filosofi come ad esempio, Sartre, Levinas e Marleau Punt, che nelle loro Opere hanno messo il “ tatto “ a fuoco molto superficialmente, facendo prevalere il pensiero, gli occhi, la vista o l’agire dei soggetti, quegli occhi e quella vista che secondo la Irigaray assumono il ruolo di chi ingloba, di chi vuole possedere l’altro/a per farsene un’immagine e sottomettere l’altro/a attraverso lo sguardo, invece, il “ tatto “ è uno strumento per entrare in relazione con l’altro/a per accrescere il desiderio e la vitalità. La Iragaray, aggiunge che è a partire da Socrate, che il “ tatto “ , quindi il corpo e l’eros sono in pieno contrasto con i limiti della ragione e della dialettica, quindi del giudizio e della sua inquisizione.
Sia l’educazione sia la cultura hanno trascurato il “ toccare “ , non hanno tenuto conto del corpo, della sessuazione, della relazione sessuale, infatti, troppi popoli, troppe persone rimangono dipendenti dalle comunità familiari, culturali, religiose e politiche, rimanendo figli/e, facendo prevalere il concetto di gruppo rispetto all’individuo, rimanendo nel posto assegnatogli dalle parole e dall’immaginario della cultura dominante.
Il “ toccare “ deve essere visto come “ faro “ che illumina dei percorsi virtuosi, per una condivisione più umana, per una condivisione reale dell’eros, perchè il “ tatto “ funziona come individuazione e reciprocità del desiderio in quanto prende parte a tutte le nostre percezioni e sensazioni, che possono aprirci anche la via dell’autonomia, dell’autodeterminazione e del divenire.
L’amore di sè, attraverso il contatto reciproco della “ pelle “ fa rivivere l’eros facendo scoprire la sorpresa di una nuova relazione con l’altro/a, dobbiamo – scrive Luce Irigaray – restituire all’altro la nostra “ pelle “ fino a raggiungere un’intima comunicazione, liberandoci da una sessualità ridotta a un bisogno e alla sopravvivenza, che diviene rapporto di potere con l’altro/a, potenziando invece, l’attrazione sessuale per il superamento e la trasformazione dell’energia sessuale condizionata per nuove dimensioni dell’essere che potenzialmente sono compresenti in ogni individuo.
Liberarci dalle catene visibili e invisibili, da ogni forma di potere in questa vita è un dovere etico verso noi stessi e gli altri, per una cultura che possa corrispondere alla vita.
Roberto Bellassai