Lo scenario del lavoro teatrale interpretato da Marco Baliani,è quello di una storia carica di conflittualità e d’angoscia esistenziale,che tormenta logora e angoscia i personaggi di Kleist.
Marco Baliani nel suo lungo monologo,e nel costante primo piano,si identifica con i sentimenti e le emozioni del personaggio,seguendo il metodo Stanislaskij,con una gestualità corporea in sintonia con la voce e il suono, ci racconta la storia di un personaggio di un racconto di Enrich von Kleist,di nome
Michele Kohlhaas,di un onesto allevatore di cavalli,un protestante luterano,rispettoso e osservatore delle leggi,che vede e sente la natura come una intrinseca parte di sé di cui è costituito,e da cui scaturisce la sua etica e la sua religiosità. Kohlhaas subisce un grave torto da parte di un autoritario signorotto senza scrupoli,che nella esposizione dell’interprete viene fuori che Vanceslao von Tronka,questo il nome del signorotto,oltre ad essere una persona autoritaria e violenta ,diviene l’interfaccia di un potere che opera e decide fuori da ogni regola e rispetto sia delle leggi,che degli altri.
Scritto nei primi dell’ottocento,ma ambientato intorno alla metà del XVI secolo,nell’impero tedesco,in Sassonia,nel Governorato della zona di Bradinburgo,dove Kohlhaas andava in un mercato di Lipsia, per vendere i cavalli,viene bloccato alla Dogana, con dei pretesti e dei raggiri per un lasciapassare arbitrario,subendo il furto di due cavalli,che poi vengono abbandonati in un porcile,da dove ne escono denutriti,piagati,quasi in punto di morte,a causa anche dell’uso improprio che ne fanno le Guardie e i sottoposti di Vanceslao von Tronka.
In Kohlhaas esplode la rabbia in una forma violenta e quasi incontrollabile per il soppruso subito,ma nonostante l’abuso d’autorità,si rivolge alla legge per avere la dovuta giustizia, ma come un personaggio Kafkiano non riceve nessuna risposta,rendendosi conto dopo altri tentativi, che di giustizia non potrà mai averne da chi la rappresenta,di conseguenza gli viene sollecitata una reazione che gradualmente sfocia nella violenza, infatti,crea un esercito di uomini armati,che assaltano il Castello di Vanceslao von Tronka,uccidendo i suoi uomini,meno lui.poi incendia per tre volte la Città di Vittemberg. Questa sua pratica violenta lo rende noto in tutta la Sassonia,divenendo l’opposto e il contrario della persona che era,quindi dei suoi principi, e dei valori in precedenza praticati.
Ma un forte senso di colpa fanno pentire Kohlhaas per i delitti commessi, e per la perdita della moglie Linbeth,una donna che amava molto,di conseguenza si consegna alla Giustizia subendo un processo che lo condanna a morte.
Kohlhaas viene decapitato in una pubblica Piazza di Berlino,e si potrebbe dire che la sua morte ci rimanda a vecchi dubbi mai risolti,ma sempre in sospeso ancora ad oggi,tra i rapporti conflittuali e subordinati tra Stato e Individuo, tra Legge e Giustizia,tra Autoritarismo e Autorevolezza,che da millenni,continuano a prevalere a causa dei sistemi autoritari,gerarchici,e soprattutto capitalisti.
Una considerazione: Sin dall’inizio della prima inquadratura del lavoro teatrale di Kleist, il tono del linguaggio,il ritmo e le atmosfere che Marco Baliani riesce a creare,entrano e permangono nelle dinamiche psicologiche, uscendone a tragedia compiuta insieme ai personaggi.
Roberto Bellassai