Se non fosse stato per l’articolo di Carmelo Filingeri “Il gioco delle parti!”, non avrei scritto neanch’io.
Scrivere è contagioso ? Non lo so, forse, ma a volte, da semplici cittadini, ci si sente quasi in obbligo di dire la propria e poi… la vicenda del capitolo di spesa cultura del Comune di Noto sta prendendo proporzioni pirandelliane, quindi… letterarie, allora…
Viviamo un’epoca molto strana, particolarmente frustrante.
Da un lato, individualmente ma anche collettivamente, siamo sempre più coscienti della necessità di una giustizia sociale orizzontale, della trasparenza in politica come negli affari, di una nuova etica dell’economia, di una democrazia più partecipativa, dall’altro l’ingiustizia, gli abusi, la corruzione, l’ipocrisia istituzionale, la collusione tra la politica e le lobby economiche, a livello planetario, non sono mai state così elevate. Sono due mondi, nuove esigenze civili non più negoziabili e vecchi modi di fare, due modi di essere al mondo che si scontrano e si scontreranno ancora a lungo, molto a lungo, facendo di questa crisi (che doveva essere solo economica e di breve durata), di questa nostra epoca, una sorta di nuovo medioevo della modernità.
Il fatto di cronaca intorno alle spese del capitolo cultura del Comune poteva essere rivelatore dello scontro tra questi due mondi. Magari lo fosse stato! Un semplice fatto di semplice cronaca: sincera voglia di trasparenza e di comunicazione orizzontale da parte dei cittadini che si affermano contro il vecchio e arcinoto modo di fare politica: magari! Eppure il fatto di cronaca ci suggerisce altro: uno dei pericoli maggiori dell’epoca di transizione in cui viviamo, uno dei freni più potenti del cambiamento consiste proprio nel fare di esigenze come la trasparenza, la partecipazione democratica, lo sviluppo sostenibile, degli slogan alla moda, ricchi di significato, condivisi ed evocati ormai da tutte le parti in gioco, ma in pratica svuotati del loro senso, snaturati, in fine traditi.
Questa strategia è quanto di meglio il vecchio mondo può concepire per assicurarsi la propria sopravvivenza, ed è già in azione. Allora, proprio in nome della trasparenza (che è ormai iscritta negli statuti di qualunque partito, di qualunque impresa o associazione), si può continuare come prima il malaffare; in nome delle energie rinnovabili si può continuare a speculare ai danni del territorio; in nome dell’edilizia ecologica continuare a costruire mostri.
Cambiamenti di facciata, travestimenti scaltrissimi. Così, per fare qualche esempio comprensibile, la McDonald’s, a seguito di uno studio marketing multimilionario, cambia il colore del proprio logo da rosso in verde, inserisce un panino vegetariano nel menu e si autoproclama green company; i giganti del nucleare si autoproclamano fornitori di energia pulita; i monopoli del web, gestiti con le peggiori logiche del capitalismo, si presentano al pubblico come società del futuro orizzontali e aperte; eccetera, eccetera, eccetera…
Mondo vecchio/mondo nuovo, i due mondi si avvinghiano, si compenetrano, hanno bisogno l’uno dell’altro, il vecchio cerca di derubare il nuovo delle idee che l’animano e di perdurare travestendosi; il nuovo si aggrappa al vecchio cercando di salvarne qualche principio.
Confusione… smarrimento.
Mondo vecchio/mondo nuovo. Il primo si è costruito per millenni intorno al modello del capo, dell’uomo provvidenziale, un modello che ci viene dal mondo animale. Perfino in democrazia, alla fine, tutto ruota intorno a chi? Il Presidente, il Segretario di partito, il Sindaco.
Ma come si può ancora pensare che una sola persona, da sola, possa incarnare gli ideali, i bisogni, le visioni di migliaia di persone?
Forse può funzionare in una comunità di scimmie, dove il vivere ruota unicamente intorno a dei fabbisogni primari come sfamarsi, avere un territorio, accoppiarsi; ma nella comunità umana, sempre più complessa, come possiamo ancora pensare che sia normale riporre una moltitudine di attese sulla capacità di un singolo ad incarnarle e a realizzarle?
In politica, il culto del capo si è tradotto nel culto della personalità fine a se stesso o semmai fine alla ri-elezione di se stessi, nell’esercizio del potere per il potere, o volto a soddisfare interessi di parte: ma com’è possibile pensare ancora di affidare il governo di una comunità ad “uno”, ad un Presidente del Consiglio, un Sindaco?
Da qualche tempo si è capito che solo la partecipazione diretta e la vigilanza attiva dei cittadini sempre più connessi tra loro può assicurare il benessere collettivo: mondo nuovo.
Ma che forma ciò può prendere? Che forma? Poiché neanche le leggi democratiche oggi lo consentono.
Ora, nel caso di cronaca in questione, quello che la legge assicura è perlomeno il fatto che il diritto di accesso e di informazione può essere esercitato dal cittadino su tutta l’attività dell’amministrazione comunale ed in particolare su atti, documenti e procedure che lo riguardano. Il diritto di accesso e di informazione può essere esercitato anche nei confronti delle aziende, istituzioni, consorzi e società dipendenti o controllati dal comune. Il diritto di accesso è assicurato ad ogni istituzione, associazione o comitato portatore di interessi pubblici e diffusi.
Qualunque cittadino può chiedere visione degli atti della pubblica amministrazione e, se ne suppone l’illiceità, può denunciarli nelle sedi preposte. Allora la questione è chiusa ed è tempo sprecato scriverci ancora sopra. Che 2 più 2 faccia 4 lo sanno anche i muri di palazzo Ducezio: le elezioni comunali sono tra breve… che lo spettacolo (vecchio) cominci!
Ma cosa c’entra l’orinatoio di Marcel Duchamp con questa storia?
Non c’entrerebbe niente se non fosse che il fatto di cronaca dà l’occasione di parlare di cultura su un altro piano. Non che sia necessariamente un piano più elevato del fatto di cronaca, ma in una città come Noto, che si reclama d’arte, una riflessione sui contenuti e non solo sulle forme non dovrebbe far male.
Si sa, della cultura possiamo essere attori, fruitori, l’uno o l’altro, i due insieme, ma prima di MD non avremmo mai immaginato che della cultura si può essere anche vittime. Vittime? Proprio così: vittime!
MD senza volerlo ce lo ha fatto non solo capire, ma dal 1917 ce l’ha fatto anche vivere e su scala mondiale.
Marchel Duchamp è da molti considerato come l’artista più importante del XX secolo, padre dell’arte contemporanea. Sono state scritte milioni di pagine su MD ma possiamo riassumere il suo pensiero in poche righe: secondo Duchamp, qualunque oggetto, per il solo fatto di entrare in un museo, per il solo fatto di occupare uno spazio istituzionale dedicato all’arte, diventa un’opera d’arte. Così, una matita, ad esempio, se viene esposta nella sala di un museo ove hanno accesso dei visitatori, ebbene quella matita è un’opera d’arte.
Nel 1917, MD presenta alla Società degli artisti indipendenti di NewYork un orinatoio acquistato in un negozio di articoli sanitari. L’orinatoio, installato al rovescio su un piedistallo, viene battezzato col nome di Fontana. Dell’opera originale di Duchamp si sono perse le tracce, ma esistono 10 riproduzioni esposte nei più grandi musei d’arte moderna e contemporanea del mondo. Nel 1993, Pierre Pinoncelli urina in una degli orinatoi di Duchamp esposto nel museo d’arte moderna di Nimes. Pinoncelli viene condannato a un mese di prigione e a risarcire 286.000 franchi. Nel 1999, uno dei 10 orinatoi viene venduto per 1.762.500$ dalla casa d’aste Sotheby’s. Nel 2004, la Fontana di MD viene eletta oggetto d’arte più influente del XX secolo. Nel 2006, sempre Pinoncelli sferra una martellata all’orinatoio di Duchamp esposto al Centro Georges Pompidou di Parigi e viene condannato a 3 mesi di carcere. Il museo chiederà un risarcimento di 2,8 milioni di euro.
Dopo Marcel Duchamp il mondo dell’arte ha conosciuto una profusione di artisti che imitandolo hanno invaso i musei e gli spazi pubblici di opere simili, dalle quotazioni stratosferiche, ma che prima o poi (questa è la mia opinione), se non lo sono già, finiranno, proprio come l’orinatoio originale di MD, abbandonate in qualche discarica di rifiuti. Marcel Duchamp non è solo il padre di questo tipo di arte contemporanea. Il suo pensiero si inscrive nella teoria e nelle tecniche della propaganda che, guarda caso, si affermano proprio in quel periodo – e in particolare quella commerciale, grazie alle quale un prodotto inutile può diventare un prodotto indispensabile, venduto in tutto il mondo; un orinatoio un’opera d’arte dal valore inestimabile.
Perché ? Perché è la cultura che ce lo impone, noi malgrado; ce lo impone come indispensabile oppure naturale. Se MD ha un merito allora è proprio quello di rivelarci come la cultura, una volta divenuta dominante grazie all’occupazione degli spazi pubblici che le sono preposti, grazie alle tecniche di marketing che la promuovono appunto come cultura, non può essere più apprezzata ma solo subita.
Quello della cultura è un tema vastissimo e questo è solo uno spunto di riflessione. La città di Noto si trova in un momento delicato poiché, per via dell’Unesco, è in una fase di cambiamento. La cultura, che la città, per decenni, ha ignorato e anche snobbato può essere uno strumento per costruire qualcosa di durevole, ma perché sia così dovremmo forse tenere sempre presente la lezione rovesciata di Duchamp, e cioè che la cultura non andrebbe considerata per la sua spettacolarità o per il suo prezzo (mondo vecchio), ma piuttosto per la sincerità dei suoi intenti e di chi la produce; non quantitativamente, per la capacità di attirare X n° di visitatori (mondo vecchio) ma per la sua qualità, magari anche per quella di smuovere le menti.
O no?
Stefano Alderuccio
Ciao Stefano,sai bene che il concetto di cultura è molto vasto,ma rispetto alla diffusa arte borghese,che poi è una sovrastruttura culturale,soggettivamente preferisco quella di Duchamp o di Manzoni,ma è chiaro che la cultura deve nascere e crescere insieme ai soggetti che la debbono fruire,e che di conseguenza deve tenere conto del contesto in cui si opera,anche se è necessario tenere anche conto delle varie espressioni culturali e artistiche che si sono succeduti nel tempo. Per questo si parla e si tende verso una pluralità culturale. E’chiaro che da parte delle Istituzioni pubbliche,che sono quelle che dovrebbero avere una visione chiara della pluralità della cultura,nei fatti nemmeno la contemplano,figurarsi la pluralità dei saperi! Per pluralità dei saperi intendo tutta la cultura civile,laica,filosofica,scientifica,ecc.
Ma si dovrebbe soprattutto collegare urbanisticamente e culturalmente il centro storico di Noto con le varie periferie della Città,cosa di cui si è accennato nell’incontro di qualche settimana fa con l’Assessore Raudino,ma solo accennato,come se ne accennava negli anni settanta,di conseguenza non ho idea se ci sarà un seguito!
Mi chiedo: ma le Istituzioni pubbliche con la sua macchina organizzativa,hanno la volontà politica di portare avanti gradualmente un progetto reale di cultura civile e laica,realmente pluralista,che permetta la crescita culturale della Città? A me non sembra,anche perché non vedo nessun progetto,vedo invece,che si ha un vecchio concetto di cultura che ci viene trasmesso con un linguaggio che sembra nuovo,ma che tende a cambiare il senso alle parole e al suo significato,infatti,con la scusa del City Marchetin,la Governans …ecc a Noto si danno le cittadinanze onorarie a Duchi e Principi!