“Quì la vita, qui gioisci”, è il titolo dell’ultimo libro scritto da Carmine Mangone, pubblicato con Ab imis, Laureana Cilento (SA), nel Marzo del 2024, con un saggio di Anna Coluccino, e con due foto in copertina di Nella Tarantino, in cui si vedono due bambini che guardano con stupore, il bambino guarda in alto con uno sguardo attento e partecipato con tutto il corpo, mentre la bambina è come in uno specchio in cui riflette lo stupore e la gioia, che accarezza con lo sguardo e con una mano. Come di consueto, all’interno anche di questo libro di Mangone, si legge: No copyright – nessun diritto nessun dovere.
Già nel titolo: “Qui la vita, quì gioisci” c’è tutta la dimensione culturale e politica esistenziale alternativa, nonostante le contraddizioni di ognuno/a.
Un libro che apre nuovi orizzonti, in cui si dice apertamente di “vivere quì ed ora”, mettendo “la vita in atto”, vivendola con la dovuta passione, gentilezza, tenerezza e gioia, libera da ogni gabbia che il sistema economico Capitalista Occidentale produce, per circoscrivere e bloccare la crescita di ogni potenziale individuo unico, che attraverso i modelli educativi, separa nelle persone la mente dal corpo, quindi dagli affetti e dal sapere, stabilendo frammentazione e distanze da se stessi e dagli altri/e, che non permettono il dovuto dialogo aperto, l’intensità dei rapporti, del vivere e sperimentare la vita, consolidando attraverso la tecnologia quella repressione costante della vita quotidiana, con sempre nuovi condizionamenti e nuove illusioni, che rimangono tali, in quello status quo invalidante, che diviene controllo.
Per Mangone è necessario rovesciare la prospettiva e le dinamiche delle separazioni e delle distanze, per adottare quella filosofia teorica e pratica, che riduce le distanze e i conflitti, fuori dalla meccanica del desiderio, per fare affiorare la tenerezza spontanea e autentica, che alimenta la potenza e la gioia del sapere e della conoscenza, dell’amicizia e della condivisione, per alimentare l’intensità, per sentire e vivere la bellezza della vita, unendo corpo e mente, per essere critici e responsabili, per liberare i corpi, per creare in ognuno di noi quella Com – unicità di individui unici, liberi dall’Edipo, fuori dai contratti parentali e sentimentali, senza alcuna subordinazione culturale e politica, sempre tendente a quell’unicità singolare, poetica, che fa pensare a un campo in cui ci sono più fiori, più colori, più profumi e più suoni, perché sono le nostre relazioni, la costruzione dei concatenamenti nei rapporti con le idee, la natura e con gli altri/e, che poi è quel movimento incessante e sempre in divenire, che costituisce la materia vivente, il cosmo.
A parte le costanti linguistiche nella scrittura di Mangone, c’è sempre un ” nuovo sentire ” e un nuovo rifiorire che metamorfizza il linguaggio, creando immagini e suoni aderenti fino a risuonare a un vibrante sentire.
Basta aprire il libro ad ogni pagina, per rendersi conto che ogni suo Aforisma o “Sentenza di vita“, si apre oltre al suo significato ai significanti, avendo come principio basilare quella dimensione Anarchica affettuosa, gioiosa e materialista, che attraverso il piacere e il godere dei sentimenti, dei corpi, dei sessi e della creazione, permette di stabilire “quell’unione che per Max Stirner è un continuo ri – associarsi“ dei rapporti con l’altro/a, per la comunità degli egoisti, per dare sempre più corpo alla dimensione immanente dell’unicità rizomatica e Anarchica, anche se l’amore cambia e si trasforma, si prova sempre a stabilire quel rapporto creativo, che Deleuze chiama ” doppia cattura ” , rapporto che comporta dei cambiamenti continui nella creatività e nella vita, per reinventare una nuova storia poetica della gioia e del godimento. “Una storia non dell’uomo o dell’umanità, ma – mia, ma nostra ”.
Scrive Mangone a pag. 81, e a pag. 90, scrive ancora: “L’anarchia affettuosa, consiste nella ricerca e nella pratica di un’autonomia relazionale non subordinata a Stato e Capitale“.
Ed a chiusura del libro: “Il divenire di tutte le cose resta il depositario di ogni mio stupore, di ogni mia esultanza. Io non sono semplicemente un io. Io divengo in ogni sussulto singolare e in ogni com – unicità che affermi la potenza creatrice e senza dilazioni di tutti i corpi espliciti, ingovernabili e irradianti affetto anche verso l’ignoto.
Io non mi bagno alla fonte della dialettica, bensì alle fonti di quel tumulto che nasce dal sapersi fatalmente dentro il bacino comune della trasformazione “ .
Roberto Bellassai