In un blog di news siciliano, un anonimo afferma che in Italia sembra che solo se il manovratore è un magistrato c’è la speranza che il treno della pubblica amministrazione e della politica non deraglino. E questo a proposito di uno scandalo che tocca stavolta un magistrato a capo dell’ASP di Palermo.
Aggiungerei anche che in Italia si mutua acriticamente dal panorama internazionale un altro mito letale: quello del mercato libero che da solo garantisce efficienza, efficacia ed economicità con un’attenzione solo pro-forma per la legalità. La ragion di mercato affiancata alla ragion di stato. E primogenito di questo mito, che per definizione non deve sottostare ad alcun vincolo di moralità, c’è il mito derivato del liberismo. Cioè la macchina pubblica che si deve aziendalizzare e, in prospettiva, privatizzare. E la sanità è da decenni una palestra di questo fallimentare connubio. Tanto che il più alto dirigente di un ASP viene definito “manager” e, come tale, strapagato secondo una logica di sola economicità e non, soprattutto, di qualità. Il controllo pubblico, nella maggior parte dei casi è solo accennato, il limite è il pudore e il senso civico del singolo. L’assenza di un controllo organizzato, non generico come quello affidato alla magistratura, è solo affidato ad organismi come la Corte dei Conti e a trasmissioni come Report, Le Iene e similari. Occorre, semplicemente (si fa per dire) ripristinare una burocrazia formata e selezionata con il senso dello stato, come esiste ad esempio in Francia. Occorre creare organismi e metodi di controllo più “invasivi”, che possano monitorare fin dall’inizio, senza paralizzarle, gare di forniture di pannoloni da 42 milioni di euro, ovvero che possano esercitare veramente la loro funzione di contrappeso a garanzia della comunità, quando si ha a che fare con il privato in qualsiasi settore dei pubblici servizi. Senza un serio ripensamento su questa orgia di liberismo, non si va da nessuna parte. E non basta affiancare ad un mondo senza regole, un altro apparentemente pieno di regole come quello dei magistrati che, nel loro complesso, in termini di efficienza non si sono finora dimostrati un fulgido esempio.