Anche quest’anno si è consumato il pluridecennale rito dell’Infiorata e anche quest’anno si scateneranno gli ormai tradizionali “bravi senza se e senza ma” e gli immancabili (normalmente più numerosi), “che schifo senza ma e senza se”. Da buoni “nuticiani” ci siamo tanto abituati a questa liturgia, che non ci rendiamo più conto di quanto questo appuntamento annuale ci caratterizzi ormai nel bene, ma soprattutto, nel male.
Onore al merito di chi intende di anno in anno migliorare questa manifestazione, con il proprio contributo e il proprio interesse (disinteressato) per la città, ma ritengo sia utilissimo affrontare e risolvere in tempo e con la maggiore oggettività possibile le problematiche che emergono e che non possono essere liquidate con ottusi atteggiamenti da tifoseria calcistica. Ne segnalo ora alcune legate a questioni di metodo, di equità e di sostenibilità.
Cominciamo con una delle “verità” ormai generalmente indiscussa: “l’Infiorata procura un grande ritorno economico e d’immagine”. Invito gli strenui sostenitori di questa tesi, a constatare che senza disporre di oggettivi indicatori e basandosi invece su personali, quanto approssimative, sensazioni “a naso” o “ad occhio”, questa verità rischi di scadere in gratuiti luoghi comuni e fuorvianti “intuizioni” come, del resto, la simmetrica ed immancabile altra affermazione “in giro non c’è nessuno” o la più sentenziosa “l’infiorata serve solo ai quattro bar del corso”. Numero di visitatori, attrattori principali, orari di afflusso e di deflusso, volumi di affari e relative categorie merceologiche, etc. etc., sono parametri da rilevare, per certi versi ovvi, sicuramente fondamentali per orientare le scelte degli operatori e dell’amministrazione comunale di turno.
E invece, ogni anno, da sempre, la solita contrapposizione tra tifoserie. “Mai bene come quest’anno”, “Mai peggio di quest’anno”. Una vuota pratica da bar dello sport, inopportuna, se non immorale, quando praticata da chi ha l’onere di disporre dei soldi pubblici sempre più limitati di un comune. Se da una parte non sono più ammissibili i lussi (o gli sprechi) che gli amministratori potevano permettersi solo pochi anni or sono, è anche vero e sacrosanto che non ci si può limitare ad un’azione amministrativa ottusamente legata a criteri ragioneristici in termini di entrate/uscite.
La nostra è una piccola comunità, ma, è bene sottolinearlo, gli esercizi commerciali del Corso e delle annesse vie, che indubbiamente sono gli immediati ultra-beneficiari della kermesse floreale, sono solo una quota poco significativa della massa di contribuenti che indistintamente, tramite il comune, finanzia le varie manifestazioni. C’è sicuramente l’indotto dei B&B, ma esiste qualcuno in grado di dire quanto esso pesi in termini economici e che grado di diffusione e impatto abbia nel nostro tessuto economico? La cassariota e ricorrente affermazione “che figura facciamo coi turisti”, spesso autorizza dispendi enormi di risorse pubbliche, in termini economici ed organizzativi, in merito ai quali sarebbe proprio il caso di iniziare a valutarne l’effettiva generale utilità.
Un commerciante di una stradella del Piano Alto perché mai dovrebbe accettare di impiegare una quota dei suoi tributi, per “tenere il sacco” al “firuota” di turno, o al negozietto di souvenir del corso ovvero al proprietario del corrispondente locale autorizzato a stabilire fitti esagerati nel libero mercato? Dubito fortemente che, a compenso, basti far “atterrare” qualche bus su via dei Mille pieno di turisti che, come tanti hanno potuto constatare, sbarcano spaesati non capendo perché mai, in definitiva, siano stati tra i prescelti “puniti” a percorrere a piedi normali scorci di paese privi di qualsiasi particolare attrattiva, per arrivare, comunque e inesorabilmente, al Corso. Lo so, gli elettori sono pure al Piano Alto, è vero. Ma non mi pare che sia questo il modo per rendere loro un buon servizio. Se tanto si vuole “compensare”, allora sarebbe forse il caso di investire al Piano Alto per creare diversi punti di attrazione di livello accettabile, avendo ben chiaro quali siano sia i destinatari che i beneficiari di tali spese.
Quest’anno, è probabile (ma in mancanza di dati mi devo avventurare anch’io in sensazioni “ad occhio”) ci sono state più presenze di altri anni. Tante da mettere, come non mai, in crisi il sistema della mobilità cittadina. E non parlo dei residenti del Centro che ormai dovrebbero conoscere questo problema e, rassegnati, farsene una ragione, ma parlo proprio dei visitatori (non i turisti) che sono arrivati in macchina a Noto, magari da uno dei paesi del circondario, magari con panini e bibite nel portabagagli, senza neanche immaginarsi che la nostra città ha per loro un limite di accoglienza che, se non è stato già superato, sta per essere raggiunto.
La parola “sostenibile” non può coniugarsi con la corsa a raggiungere i record di presenze. L’unico parcheggio comunale per autovetture (quello del campo sportivo) non può bastare, né si può accettare il principio che alla bisogna possa far comodo tollerare gli ormai “famosi” parcheggi abusivi di via Cavour o della via Sonnino. Credo che nessuno di noi pensi che sia questa la prima immagine della città da offrire ai visitatori.
Forse, per gli anni a venire, occorrerà associare alla ricerca dei record, anche una definizione più netta di quello che per i nuticiani è sostenibile e veramente utile.
L’idea di orientarci verso precise categorie di turisti (non visitatori della domenica) più esigenti, come possono essere i giapponesi, può essere l’inizio di una svolta epocale, ma richiede anche coltivare quello che si è iniziato, cioè investire in una promozione efficace e ad alti livelli.
Ma soprattutto, ed è la cosa più difficile e che mi pare non sia ancora neanche iniziata, è necessario promuovere decisamente la qualificazione dell’offerta turistica in termini di ricettività, di organizzazione, di controllo della qualità. Senza professionalità, in questo come in tutti i campi in cui ci si deve mettere in concorrenza con altri, non si va da nessuna parte.
Meglio di così non avrei potuto dire. La gestione del patrimonio turistico di Noto non può essere questione unicamente di buona volontà: servono un progetto chiaro e professionalità per attuarlo.Ho sotto gli occhi l’esempio di Venezia, dove il turismo è allo stesso tempo fonte di reddito e di enormi problemi. Noto, per le sue dimensioni e per essere tutto sommato all’inizio di un percorso che altre città hanno compiuto, deve far tesoro delle esperienze altrui, nel bene e nel male. Buon lavoro.
L’infiorata è una manifestazione culturale effimera,che la stampa locale,ha definito la ” manifestazione principe ” della Città,altri,un evento,oppure,una manifestazione internazionale! A Noto non si finisce mai con l’assumere dei comportamenti ” pomposi ” ,da siciliani che hanno interiorizzato l’aspetto ornamentale della cultura,che poi è il collante che favorisce lo status quo,quindi la cultura della miseria,in cui culturalmente permane la Città barocca! A Noto mancano completamente i dovuti parametri per gestire realmente la Città sotto ogni aspetto! Prevale l’improvvisazione ricattatrice,non il dovuto Progetto con la conseguente programmazione partecipata!