Finalmente, dopo parecchi anni di vagabondaggio fra le scuole della provincia, ero stato trasferito a Noto, la città in cui risiedevo, ma che non conoscevo.
Pur tuttavia non avrei mai potuto immaginare che dietro le magnificenze barocche si celasse una meschina e pragmatica concretezza che affiorava dalla naturalezza della bocca di un ragazzino dodicenne:
“Mio padre fa il consigliere comunale!”.
“Che vuol dire fa? Forse volevi dire è consigliere comunale”.
“E invece no! Mio padre fa il consigliere comunale perché è il suo mestiere!”.
“Non sapevo che esistesse tale mestiere. Ha forse studiato per diventarlo oppure ha fatto una sorta di apprendistato per ottenere l’abilitazione ad esercitare tale attività?”.
“Non so di che cosa lei parli, so soltanto che mio padre riesce a stento a disegnare la sua firma, però fa il consigliere comunale!”.
“E come lo fa?”.
“Non lo so, però lo fa bene”.
“E da che parte sta?”.
“Non sta da nessuna parte perché lui fa politica”.
“Cosa vuol dire fa politica?”.
“Lei che ritiene di conoscere tante cose, come mai non capisce che un mestiere è tale solo se produce un reddito?
Come faremmo a vivere se papà non lavorasse e guadagnasse?
Chi mi comprerebbe i libri per studiare e i vestiti che indosso? E le figlie da sposare?
Certamente la politica ha i suoi costi, ma anche le sue entrate!”.
“E se non fosse rieletto?”.
“Non è possibile! Chi fa politica gestisce il poco potere che ha per essere rieletto e perpetuare negli anni la sua presenza all’interno del Palazzo della politica”.
“È forse un centro commerciale?”.
“Non proprio, ma quasi”.
Sono passati sedici anni, quasi diciassette!
Nonostante la gestione del potere che alimenta se stesso, molti consiglieri comunali si sono succeduti a Palazzo Ducezio, molti Sindaci e innumerevoli Amministratori si sono avvicendati ed io non ho ancora capito se il loro impegno è stato un mestiere o una vocazione!
un articolo del compianto Prof. Turi Di Pietro