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Home Cultura

IL FALSO PRINCIPIO DELLA NOSTRA EDUCAZIONE

by admin
3 Agosto 2016
in Cultura, News, Politica Locale
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IL FALSO PRINCIPIO DELLA NOSTRA EDUCAZIONE
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BALLALa Storia della filosofia Occidentale ha dato pochissimo spazio al pensiero di Max Stirner, e in quel poco spazio che gli è stato dato non si fa che rimuovere, fraintendere o ignorare il suo pensiero, soprattutto perché l’Occidente, secondo lo stesso Stirner, adotta per i suoi saperi un Dizionario Cattolico metafisico, mentre quello di Stirner è anti Cattolico e antimetafisico.

Parlando di Max Stirner mi limiterò ad un suo libro che fa parte degli “Scritti minori“che poi è uno dei tasselli base che subito dopo porterà l’Autore alla stesura de “L’Unico e la sua proprietà“.

Si tratta de “Il falso principio della nostra educazione“ e “Le leggi della scuola“ prima apparso nel 1842, su La Gazzetta Renana – uno dei giornali aperti alla sinistra Hegelian- poi inserito negli “ Scritti minori, “ l’Edizione di cui parlo è quella della Casa Editrice Anarchismo, della Collana Universale Libertaria del 1982, tradotta dalle Edizioni Anarchismo, con due introduzioni di Jean Barruè, tradotte da Natale Musarra e con la Bibliografia a cura di Alfredo Maria Bonanno.

Max Stirner, all’anagrafe Johann Caspar Schmidt, nato a Bayreuth, Germania, Ottobre 1846, Bayreuth, Giugno 1856, in questo piccolo libro di 61 pagine, prezioso per i suoi contenuti, prendendo spunto da una disputa tra vari filosofi e pedagogisti del tempo, tra questi il Prof. Thodor Heinsios, che volevano con i loro scritti contribuire a modificare il sapere nelle scuole, fa una ricognizione storica e una analisi critica sulla questione, dicendo che l’umanismo, i vecchi saperi classici, più la Bibbia, e il realismo, l’età dei lumi, allora imperanti nelle scuole, hanno regnato come fossero i depositari del sapere, stabilendo dei rapporti gerarchici tra lo Studente e il Maestro, quel rapporto autoritario che incarna il ruolo sociale di Padrone – Servitore, non permettendo nessuna pedagogia sperimentale.

Con l’Illuminismo si cominciò a reclamare un tipo di educazione basata sulla ragione, sulle Scienze e sul riconoscimento dei diritti universali dell’uomo, diritti che, nonostante il tempo passato, sono ancora a venire.

Sia l’umanismo che il realismo, pur differenziandosi di molto, hanno la stessa idea pedagogica, che è quella di produrre l’uomo pratico, l’industriale, il Cittadino che si basa sul presente, mentre il Dandy, un letterato erudito e cinico, è centrato sul passato, ma entrambi rientrano in quella formalità della vita che si fa pensiero calcolante, con conseguente comportamento servile nei confronti del potere dominante.

Con la Rivoluzione francese il concetto di cultura si aprì potenzialmente a tutti i soggetti e alla pluralità dei saperi, entrando in conflitto con il vecchio modello culturale che il realismo non riuscì a superare a causa dei suoi limiti.

Per Stirner è necessario educare alla creazione e non all’addestramento, perché il problema educativo è alla base della conoscenza e della creazione, in cui il ruolo della scuola è quello della ricerca della verità liberatrice che deve riconciliarsi con la vita.

Il Maestro, il Professore devono anche diventare il compagno di studi e di ricerche dello studente, e riconoscere che il sapere deve diventare volontà, e non addestramento – addomesticamento, e conseguente “ civilizzazione, “ che poi significa conformismo, ma deve badare allo sviluppo del pensiero, della libertà reale della volontà del soggetto, applicando una pedagogia antiautoritaria che permetta la libera sperimentazione, per un sapere sempre in divenire che deve superare la conoscenza.

Tutto il sapere che diviene, che si metamorfizza, che supera il dicibile, diviene sapere istantaneo, che l’io del soggetto fa divenire la sua proprietà autorevole, che alimenta la dimensione della costante volontà di chi diviene proprietario della individualità propria, unica, inalienabile, che permette di entrare ed uscire a piacimento dai saperi, evitando l’identificazione con essi.

La scuola, ma non solo la scuola, se continuerà a produrre soggetti generici con “le teste senza mondi“ cadaveri politici, fantasmi sociali, religiosi, artisti scopritori dell’acqua bollita, intellettuali organici ai sistemi, non cambierà niente perché solo una trasformazione del regime sociale ed economico in senso libertario, nel rispetto reale dell’individuo può cambiare la realtà e la vita, promuovendo l’autogestione dei saperi, abbattendo di conseguenza lo Stato ed ogni superfetazione istituzionale.

Roberto Bellassai

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