Il proprietario e direttore di LinkSicilia, un quotidiano on-line siciliano che stava conducendo una coraggiosa e solitaria battaglia contro i padroni della Sicilia, gli imprenditori “antimafia”, per lo più titolari di concessioni di discariche e monopolisti di altre attività di competenza (e concessioni) regionali, ha dovuto alzare le mani per difficoltà insormontabili di carattere economico, conseguenza del vuoto che gli è stato creato attorno, come attorno a chiunque si ponga al di fuori di una certa rete di affari dell’Isola, ha dovuto vendere la testata. Chi l’ha comprata?
Non siamo, per ora, in condizioni dirlo o, comunque, di provare quel che potremmo dire e che sembrerebbe logico, in base a fatti certi. Il fatto non è di poco conto. C’è chi, con il profitto che deriva dal “no al pizzo” e dal “pentimento” per avere in passato pagato il pizzo o aver potuto provare di averlo pagato, poi rifiutandolo sta comprando tutto quanto in Sicilia è vendibile e, soprattutto, ciò che non si dovrebbe mai poter vendere. Questa è la Sicilia della bancarotta di Crocetta, della crisi economica spaventosa, dei dipendenti regionali senza stipendio, delle depressioni più depresse che in altre regioni d’Italia e ciò malgrado la mancanza di ogni limite, di fatti, al deficit ed alle spese inutili. Gli “imprenditori antimafia” sono le colonne di questo sistema. La mafia ha succhiato il sangue della Sicilia. L’antimafia ha fatto il resto. La bancarotta politica è stata seguita da quella contabile delle regione e degli enti locali. La magistratura impianta processi contro chi “ha tentato di subire i ricatti di Cosa Nostra”. Partono raffiche di avvisi di garanzia e di ordinanze di custodia cautelare. Ma i ladroni con la “L” maiuscola non temono la giustizia come non temono la crisi.
La “monnezza” è la grande risorsa non per l’economia (no ai termovalorizzatori, no agli inceneritori) ma per i “monnezzari”, gli specialisti della grande pattumiera. La stampa tace sui grandi ed inconfessabili affari sulla sporcizia. E sopravvive. Grazie a strani proventi.
C’è chi compra testate on-line e chi è costretto a venderle. C’è sempre meno chi osa parlare e scrivere. Questa non è mafia? No, è “antimafia”. Può accadere che un esponente della cinematografia antimafia sia condannato a sette anni per una pirandelliana simulata “protezione” dei Carabinieri con la quale ha realizzato un sequestro per due anni di un suo ex socio. La stampa siciliana ha ignorato anche il lato comico.
Questa è la Sicilia di Crocetta e della sua rivoluzione.
Vergogna. Vergogna. Vergogna.
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