“Quando vedete nespole piangete”, recita in dialetto un nostro adagio, “esse sono l’ultimo frutto dell’estate”.
Nella cultura popolare un distillato di saggezza che invita a diffidare dell’abbondanza, spesso, troppo spesso effimera, e ne trae prudente monito per non perdere di vista buon senso, misura e parsimonia.
Stagione estiva appena archiviata in una Noto presa d’assalto da un turismo che ha registrato punte altissime di presenze tanto da provocare l’insostenibilità ed il corto circuito del sistema cittadino. Scelta da vip, influencer che ne stanno facendo meta per eventi glamour, luogo del cuore di nuove élite straniere, colte e attente ai valori ambientali, o di italiani del Nord che qui investono, attratti dal miraggio di un nuovo stile di vita, dalla bellezza del suo patrimonio architettonico ma più spesso dalla dolcezza del suo paesaggio collinare, dal fascino delle antiche masserie, dai casolari sperduti che punteggiano il magnifico tavolato degli Iblei, la sua vasta area rurale.
Noto è il quarto comune italiano per estensione territoriale.
Lo sviluppo del turismo negli ultimi dieci anni ha rivoluzionato questo remoto angolo di Sicilia, incidendo in maniera probabilmente irreversibile sul futuro della comunità. Modificandone il tessuto sociale, il modello culturale, l’assetto economico-produttivo.
Un cambiamento epocale, nel bene e nel male.
Il turismo è un’industria e in quanto tale porta ricchezza, ma come tutte le industrie, se non correttamente gestite, può anche inquinare. Da pigra e sonnolenta cittadina, rimasta ai margini del boom degli anni ’60, risparmiata, per accidia o forse per estrema saggezza, dall’illusorietà di uno sviluppo industriale che invece ha causato pesanti danni all’ambiente in altre zone del siracusano, Noto oggi è una città che corre, acquista sempre più visibilità, stimola interessi ed appetiti economici ma il cui rapido sviluppo non è supportato ancora da quegli strumenti, programmazioni, servizi e regolamenti che ne assicurano la fruizione senza caos, connettendo con coerenza, la visione politica alla gestione reale del territorio mettendolo al riparo da possibili abusi.
Il PRG, ad esempio, è in fase di redazione ed è auspicabile che venga approvato in tempi brevi sempre che il Consiglio Comunale si trovi concordemente orientato a votarlo ;
Il Piano spiagge è stato affidato ad un professionista esterno ed attualmente è in fase di elaborazione;
Il Piano di gestione della Riserva e Pre-riserva di Vendicari ancora in fase di redazione;
Le aree urbane destinate a parcheggi attualmente insufficienti e vaghe le notizie sulla progettazione.
Certamente il Comune si trova formalmente a posto, tutti gli iter sono avviati, ma occorre che la burocrazia e la politica corrano più degli interessi per evitare che questi diventino speculazione. Atti necessari a scongiurare lo spettro di uno sviluppo incontrollato e non correttamente gestito che rischia di consumare il bene comune.
Torna però purtroppo in mente l’adagio popolare Quannu viriti niespuli cianciti.. perché – ahinoi- giorno dopo giorno si assiste ad una progressiva alterazione di quel paesaggio rurale che tanto attrae il turista/viaggiatore/nuovo residente, quel paesaggio oggi minacciato da un’espansione edilizia che ne sta cancellando l’identità.
Basta fare un giro per notare come su ogni cima di collina, dove prima vi erano resti di antiche masserie, ville rurali cinte da muretti a secco di una bellezza commovente, ricoveri per le greggi, stalle, accanto ai pochi esempi di riqualificazione e valorizzazione corretta del patrimonio edilizio rurale, oggi la brutalità del cemento si accampa e si fa largo con tanto di piscina e spianate per parcheggi.
Ovunque fioccano annunci di agenzie immobiliari che propongono ville e villette di nuova costruzione.
Noto e il suo territorio sono letteralmente in vendita!
Non abbiamo del paesaggio, soprattutto di quello rurale, un visione statica, non vogliamo ingessare o imbalsamare, ma crediamo fermamente che le linee di sviluppo urbanistico ed edilizio debbano essere compatibili con i valori del paesaggio rurale preservandone la bellezza e l’unicità.
Quale la visione, quali le linee di indirizzo, sottese al nuovo Piano Regolatore?
Dagli incontri con la cittadinanza propedeutici alla sua definitiva approvazione in Consiglio comunale, abbiamo appreso con sollievo che le norme di tutela e salvaguardia dei terreni agricoli sono improntate al consumo zero del suolo.
Ovvero, a fronte del fatto che la popolazione si è spostata dal centro storico (oggi svuotato e affollato da strutture ricettive turistiche), alle aree residenziali della fascia collinare, e non si registra nessun incremento demografico tale da giustificare nuova espansione in zona rurale, quando sarà vigente il Piano, non verrà concessa l’autorizzazione ad edificare ex novo abitazioni di tipo residenziale nelle aree agricole ( suddivise opportunamente in tre zone E1 – zone agricole collinari a bassa densità insediativa assoggettate alle norme di tutela paesaggistica – E 2 ed E3 , zone agricole della pianura costiera e collinare non vincolate dal punto di vista paesaggistico).
Tutti gli interventi edilizi autorizzati saranno quelli di recupero e valorizzazione dell’esistente o quelli funzionali allo svolgimento di attività produttive agricole, e i soggetti che potranno fare richiesta saranno imprenditori agricoli professionisti.
In sostanza si incoraggia e sostiene la vocazione agricola del territorio – gli imprenditori agricoli sono esenti dal pagamento degli oneri concessori urbanistici – e si contrasta ciò che invece continua a verificarsi nelle more dell’attuazione.
Ma se con queste norme ci proiettiamo nel futuro, augurabilmente prossimo, qual è stata fino ad ora e qual è tuttora la politica di gestione urbanistica del territorio!!?
La risposta è sotto i nostri occhi: l’attuale regolamento edilizio non tutela le aree a vocazione agricola ma sta permettendo, concessione dopo concessione, che muoia ogni rimasuglio di bellezza e speranza. Sembra quasi che ci sia una corsa affannosa alla svendita dei terreni agricoli a privati prima che sia troppo tardi, prima che le norme attuative del Piano Regolatore blocchino gli interessi particolari di quanti, con scarsa lungimiranza, credono ancora nel mattone come unico motore dell’economia.
Chi controlla poi che dopo l’approvazione dei progetti, sicuramente formalmente legittimi ed in regola, in queste nuove costruzioni non ci siano abusi per difformità?
Pare ovvio dedurre che, in questo quadro apparentemente contraddittorio se non schizofrenico, gli oneri concessori di urbanizzazione imposti d’obbligo invece a chi non è imprenditore agricolo, fanno comodo perché vanno ad impinguare le casse comunali e rinunciarvi, si sa, duole.
Ma è il tempo delle scelte.
Non è retorico affermare che il nostro paesaggio è la nostra identità e questo non può prescindere dal nostro ingente patrimonio culturale. Ne è l’espressione, un unicum che necessita di essere salvaguardato dall’espansione edilizia e sottratto ad ogni forma di speculazione e consumo improvvido e privo di visione.
Cancellarlo significa cancellare un attrattore culturale di grandissima valenza, una delle ragioni per cui ci si innamora di questo territorio. L’identità dei luoghi, la loro anima, storia e funzione, la memoria, la conoscenza, il rispetto e la gratitudine umile verso il passato, valori che devono essere interpretati con forza e risolutezza per contrastare questo rischio.
Cettina Raudino – La CivettaPress