Lettere dalla Kirghisia è un libro di dieci lettere spedite a degli Amici immaginari, scritte da parte di Silvano Agosti, pubblicato dalle Edizioni L’immagine, nel 2014.
Un libro di lettere scritto con un linguaggio molto semplice, un libro aperto a tutti, che fa molto riflettere, che raggiunge sia il semplice operaio che l’intellettuale, in particolare tutti quei soggetti che vogliono realmente cambiare e sperimentare la vita in maniera alternativa al sistema attuale, a quel sistema che ci ruba la vita.
L’autore delle lettere ci dice che arriva a Kirghisia per caso, per trascorrere le ferie ed in questo luogo, forse unico al Mondo, si rende subito conto che si tratta di un luogo a reale misura d’uomo, dove ogni soggetto vive in rapporto all’altro, nel rispetto reale dell’altro, e di conseguenza di se stesso.
A Kirghisia ci sono due Governi, uno si occupa della questione quotidiana della cosa pubblica mentre l’altro del miglioramento delle strutture, chi fa parte dell’apparato governativo lo fa da “volontario“ percependo per tutto il mandato lo stesso stipendio che percepiva nella sua attività precedente.
Sia nel settore pubblico che in quello privato si lavora tre ore al giorno a pieno stipendio, orario di lavoro che si vuole portarlo a due ore, anche perché le nuove tecnologie permettono di affrancarsi dalla fatica del lavoro, proprio a Kirghisa le persone lavorano con entusiasmo perché sanno bene di lavorare realmente per l’altro senza nessun fine di sfruttamento, il tempo dopo le tre ore di lavoro viene impiegato al cibo, alla creatività, all’amore, a se stessi, alla vita, ai propri figli, ai propri simili, per celebrare la vita nei modi più creativi possibili.
A Kirghisia non ci sono ferie, infatti appaiono ridicole, insensate, vengono considerate superflue, superate, sono viste come il prodotto di una vita alienata dalle tensioni e dagli stress delle otto ore di lavoro al giorno che si facevano prima.
La scuola viene fatta all’aperto nei Parchi, ma anche al chiuso se il tempo non lo permette, sia i Bambini di cinque anni che i Giovani fino a sedici anni giocano tutto il giorno alla presenza di persone adulte che intervengono solo se c’è da risolvere qualche problema.
Non si studia ma si impara, perché l’imparare è più rapido rispetto allo studio.
Ogni Parco è diviso in settori del sapere denominati: Casa Della Filosofia, della Geografia, del Corpo Umano, degli Animali, della Letteratura, delle Lingue, della Matematica, della Musica, del Teatro, del Cinema, dei Sogni.
Con I soldi che prima si spendevano per i Presidi, gli Ispettori, il Corpo Insegnante, i Bidelli, si garantiscono quotidianamente i pasti per tutti gratuitamente e si rinnovano le attrezzature quando necessita.
Nella scuola di Kirghisia non si danno compiti per casa, non si fanno interrogazioni né si rilasciano diplomi.
Nelle Piazze di Kirghisia ci sono sempre gruppi di lettura che leggono brani di Letteratura, di Filosofia, si recitano Poesie di Autori conosciuti e si fanno anche improvvisazioni poetiche molto liberamente, per sollecitare in ognuno la creatività, la libertà di espressione non solo poetica.
E’ proprio vero che, in fondo, la vera cultura sono i comportamenti di ognuno di noi, non ad esempio, il potenziale culturale atrofizzato del soggetto, chiuso in pubblicazioni, che lo fa vivere di rendita, lavorando per dei gruppi di potere e non per una società degli umani.
A Kirghisia ogni soggetto che diviene anziano viene nominato ad honorem “Insegnante di vita“ e viene invitato nei Parchi e alle Televisioni a raccontare la propria esperienza e la propria visione del mondo.
Con i soldi che si spendevano per le armi, le prigioni, i tribunali, le guardie del corpo, i poliziotti, gli insegnanti, le sigarette, l’alcol, le prostitute, i ministri, i deputati viene garantito una pasto al giorno gratuito per tutti.
Le armi, ad esempio, sono stati seppellite in un Cimitero dove, invece di seppellire i morti a causa delle armi, si seppelliscono le armi perché a Kirghisia si è contro ogni guerra e di conseguenza contro la fabbricazione e l’uso delle armi.
C’è un Ospedale per ogni città, ma sono pochi gli ammalati, perché quando la gente è libera realmente non soffre dei malesseri di cui prima soffriva, di conseguenza non si ammala e vive nel presente e in armonia con se stesso e gli altri ma, soprattutto, con un corpo incodificabile, che esprime vitalità e felicità.
Franco Basaglia è un Cittadino onorario di Kirghisia, un uomo e uno Psichiatra alternativo, che ha combattuto per mettere fuorilegge i manicomi, liberando decine di migliaia di ammalati dai letti di contenzione e dagli elettroshock.
Compiuti i diciotto anni ogni abitante di Kirghisia ha diritto ad una casa dove potere vivere la sua vita autonomamente.
A Kirghisia non c’è conflitto tra sogno e realtà, infatti, chi desidera fare l’amore mette un piccolo fiore azzurro sul petto in modo che tutti lo possono sapere e potere avviare il dovuto dialogo e corteggiamento.
Si ci educa così ad ascoltarsi, a seguire i propri sentimenti senza nessuna ipocrisia nei riguardi del sesso, evitando i falsi moralismi e tutte quelle forme di potere che sono legati al sesso e al corpo, su cui il potere civile e il potere religioso hanno costruito il proprio potere esercitando il controllo culturale e sociale.
A Kirghisia si è capito che molti dei tormenti e dei guasti che opprimevano la gente riguardava la gestione dei sentimenti, perché si viveva la divisione tra tenerezza, sensualità e amore.
Infatti la tenerezza vissuta senza sensualità e amore faceva divenire ipocriti, la sensualità senza la tenerezza e amore portava al consumo di pornografia, e l’amore privo di sensualità e tenerezza produceva misticismo.
Non esiste nessuna Costituzione scritta ma è come sottinteso un solo articolo che recita: “Ogni progetto, ogni iniziativa vanno concepiti solo nell’interesse di tutti e non di alcuni”.
A Kirghisia non c’è Polizia, né Vigili Urbani, ci sono i Guardiani della Pace che hanno il compito di osservare ed eventualmente di intervenire nei casi estremi in cui vengono commesse delle scorrettezze e, invece di sparare pallottole mortali, sparano sostanze che addormentano e quasi tutti quelli che vengono colpiti al risveglio manifestano felicità per non essere stati uccisi, di conseguenza riparano ai torti fatti lavorando con molto entusiasmo.
Sempre a Kirghisia non ci sono feste, né Santi Patroni da festeggiare, né ci sono Monumenti a uomini illustri, si pratica il miracolo di essere e di stare insieme, divenendo ogni giorno una festa per tutti, in quanto si celebra la vita apertamente e sotto ogni aspetto.
La famiglia si estende a dimensioni comunitarie, e le “Memorie del sorriso“ per i Kirghisiani sono un “Monumento ai vivi“.
Ogni abitante di Kirghisia considera, se stesso e gli altri, un capolavoro della natura, un capolavoro vivente, di conseguenza non c’è spazio per mentire, per rubare, per uccidere.
Si potrebbe dire che in questo libro di lettere di Silvano Agosti, — Autore di un Cinema indipendente, non commerciale e fuori da ogni circuito di distribuzione, che può essere visto nella Saletta del suo Cinema “Azzurro Scipioni“ di Roma — c’è l’ironia tagliente e dissacrante di un Libertario nei confronti del potere economico, culturale, religioso, politico, sociale globale, un’ironia tagliente e dissacrante che decostruisce simbolicamente il sistema colonizzante dell’Occidente, che continua a rubarci la vita, indicando una “via“ in cui possono avviarsi i popoli del Pianeta terra.
Il libro può essere letto e interpretato come una Fiaba, una metafora dell’immaginario di una collettività che vive proiettata in un Sogno, in “ciò che gli manca“, in quel Sogno e in quel Mito ancora ad oggi relegato nel ruolo di una Utopia, prima o poi “a venire“.
“… basta saper immaginare un’isola, perché quest’isola possa realmente esistere“ – scrive Silvano Agosti all’inizio della prima lettera.
Nelle pagine di questo libro Agosti -Autore che rifugge ogni notorietà, che nel passato ha lavorato insieme a Marco Bellocchio per “I pugni in tasca“ e “Matti da slegare“ ma anche con altri Autori di film, ci fa sentire l’odore, il sapore, la dimensione e il senso del possibile, di quella possibilità del cambiamento reale della vita di ognuno di noi, di tutti, di una società libera dalla paura, dai ruoli con cui ci si identifica molto spesso con la parte meccanica che come dispositivo prevale in noi, dal ricatto del lavoro, dalle sovrastrutture culturali.
Lettere dalla Kirghisia è uno schiaffo dato in faccia a tutti gli Attori e le comparse, che portano avanti il sistema capitalista, un sistema piramidale e gerarchico basato sulla proprietà privata, di conseguenza sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sulla divisione del lavoro in lavoro intellettuale e lavoro manuale, sulle classi sociali, sul militarismo, sugli Stati e su i Governi che si dicono Democratici ma che non hanno niente di Democratico, che sono, invece, autoritari e violenti di per sé, violenti e guerrafondai e storicamente da sempre contro le classi sociali più deboli.
Roberto Bellassai