Oggi sono pervaso da abbondanti dosi di saccenteria, per cui, avviso ai naviganti, se volete evitarvi rigonfiamenti vari e fastidiosi pruriti, vi consiglio vivamente di non continuare a leggere.
“Mente bacata”, “affarista” “ignorante”, “arrivista”, “populista”, “disfattista”, “inetto”, “incompetente”, “irresponsabile”, “demagogo”, “arrogante”, “insolente”, “moralista”, “fazioso” e l’elenco, purtroppo, potrebbe continuare quasi all’infinito.
Sono questi gli epiteti che sempre più spesso si attribuiscono giornalmente i protagonisti delle vicende pubbliche cittadine sia in sede istituzionale, per esempio durante i dibattiti in consiglio comunale, che nelle colonne dei quotidiani locali e, infine, nei blogs e social network.
Purtroppo ci si ritrova spesso ad essere impelagati in questa “attività”, trascendendo dalla normale abituale compostezza e serenità di giudizio, in particolare, quando qualcuno, nell’esercizio del sacrosanto diritto alla libertà di pensiero, si azzarda ad esprimere fatti, opinioni, appunti o critiche, su temi dove, sempre più spesso, ci si ritrova ad avere i nervi scoperti: la legalità, la coerenza, la rappresentazione di una città in crisi economica, la disoccupazione, la ricerca esasperata di visibilità, etc, etc.
Questi atteggiamenti che, con una analisi superficiale, potrebbero essere inquadrati nell’alveo di uno scontro duro, acceso, anche scorretto o persino scurrile, causato dalla perdita momentanea dell’umano self control, sottendono, invece, chiaramente, se perpetrati nel tempo e in continuazione – ed è questo che ripetutamente ormai si nota in città – ad una mancanza di riconoscimento degli attori del confronto democratico, istituzioni, partiti, movimenti, associazioni, comitati e singoli cittadini facendo scivolare il dibattito pubblico sul piano inclinato dei personalismi, magari con l’idea di isolare gli “arroganti” critici.
Tutto ciò determina un corto circuito democratico, un vulnus che indebolisce prioritariamente le Istituzioni e i suoi rappresentanti pro-tempore, liberamente e democraticamente eletti, perchè rendono plasticamente l’immagine di un visione, mi scuso in partenza per il termine ma, la mia materia grigia non riesce a fare di meglio, autocratica e autoreferenziale del dialogo politico.
Comunque, non ci si illuda, i “cittadini di professione” non possono, per mandato genetico, mandare in archivio i loro pochi neuroni e sono disposti a accettare, con un pizzico di ironia, le “paternalistiche” tiratine di orecchie.
Carmelo Filingeri
Caro Carmelo,viviamo culturalmente e politicamente in una società autoritaria,di conseguenza arrogante,in cui i vertici politici si permettono oltre a fare sistema con il proprio apparato e le loro appartenenze politiche di cercare sempre di spegnere le voci singolari e critiche nei confronti del loro sistema,in particolare quando chi cerca dialetticamente di dare il proprio contributo libero e spassionato alla cosa pubblica, mettendoci pubblicamente la faccia,come fai tu,io,e altre persone vicine al nostro sentire culturale e politico. Sono i limiti culturali e politici della persona, identificata autoritariamente e non autorevolmente con il proprio ruolo pubblico, di conseguenza chi Istituzionalmente preposto a promuovere il dialogo, ascoltare le voci critiche,dissenzienti,ecc, per poi ” fare ” insieme ai Cittadini,si lascia andare in forme reattive,che sono il contrario sia del dovuto rispetto dei Cittadini,che della reale Democrazia,
che chiaramente lasciano politicamente molto a desiderare!
Alle tue considerazioni si può rispondere in tanti modi,sarebbe meglio x chi governa con la proposta oppure con tesi che dimostrino il contrario.Io come ti ho detto più volte non condivido le giustificazioni oppure i passaggi soft verso una parte politica che magari ti è simpatica.La generalizzazione non vuol dire che essendo tutti coinvolti nel sistema si giustifichi lo stesso,occorre sempre andare verso situazioni migliori.Comunque i peccati di lesa maestà hanno fatto il suo tempo,anche perchè oggi siamo più strafottenti e proiettati verso noi stessi che monarchici.