Cosa c’entrano una pizzeria italiana a New York, l’Expo di Milano, con la crisi e infine la città di Noto? A prima vista niente. Ma considerata la mondializzazione che rende planetari e immediati gli eventi più minimi e remoti, e se accettiamo, come è ormai assodato, che l’universo è quantico, cioè che ogni sua parte è intimamente correlata a tutte le altre, iniziamo allora a vedere come fatti tra loro razionalmente incorrelabili fanno parte di un unico vortice in cui tutto sembra avere terribilmente senso: vortex! Sud vortex…
“Cucino a modo mio” è una pizzeria italiana nel quartiere del Queens a NewYork. Il Queens, una delle 12 contee di New York, sull’isola di Long Island, ha una lunga storia: ha dato i natali al jazzista Dizzy Gillespie, al gruppo di musica rock i Kiss, a Martin Scorzese, ma anche (l’universo è quantico) al più grande truffatore della storia, Bernard Madoff. Sul sito web del ristorante-pizzeria italiano (www.cucinoamodomio.com), sotto il nome del locale si può leggere: “We prepare each dish with fresh ingredients.” Non è inverosimile pensare che il ristorante in questione aderisse ai valori del mangiare bene e sano che si affermano sempre più nel mondo della gastronomia, i valori promossi da Slow Food, “buono, pulito e giusto”, valori che il fondatore del movimento, Carlo Petrini, spera non restino confinati unicamente al mondo della gastronomia ma estesi anche alla società, all’economia, alla politica: buono, pulito, giusto! No, non è impossibile immaginare che, offrendo appunto ai clienti piatti preparati con ingredienti scelti, freschi e di giornata, anche, e specialmente, il ristorante della 108th Street di New York avesse sposato la filosofia dell’eccellenza agroalimentare italiana del momento, la qualità del cibo, divenuta una auspicata leva strategica di sviluppo del Paese e il tema dell’attuale Expo di Milano.
Slow food/Dirty food
La Repubblica, 7 maggio 2015*: “Retata senza precedenti condotta da polizia italiana e Fbi. Traffico mondiale gestito da una pizzeria. Da una piccola e anonima pizzeria di New York, la ‘ndrangheta gestiva un traffico colossale di cocaina.” Proprio nel momento in cui l’Italia inaugura l’apertura dell’Esposizione Universale 2015 cercando di promuovere nel mondo i valori dell’arte di vivere all’italiana, ecco che quello che Carl Jung chiamava “l’ombra” (in questo caso la nostra ombra nazionale collettiva), proprio come è solito dell’ombra, si invita fragorosamente alla festa per guastarla. “Gli inquirenti hanno anche scoperto una serie di omicidi: esecuzioni cruente e spietate, su cui sono ancora in corso le indagini. Tra le vittime ci sono presunti “traditori” della stessa cosca che si sarebbero appropriati di soldi e di parte della cocaina. I “resti” della spedizione di un carico di tre tonnellate di coca, sfuggita al controllo delle cosche, sono stati trovati addirittura in un supermercato di Rotterdam, finiti per sbaglio sul bancone della frutta.” No, non è un film! Con “Cucino a modo mio”, una piccola pizzeria di New York, la mafia, il peggio della nostra cultura, evocando grottescamente il tema dell’Expo, il cibo, in un momento sicuramente inopportuno viene a fare da contraltare allo sbandierato Made in Italy, al nostro slow food, alle speranze e al futuro del Paese. Tuttavia la notizia, ripresa dai più grandi quotidiani anglosassoni, non sembra aver fatto molto scalpore in Italia: noi, ai dirty affari della nostra “ombra” ci siamo abituati… noi alla nostra cultura ci siamo abituati…: siamo abituati al malgoverno, alle frodi, alla corruzione, ai bei proclami della politica e alle false speranze. Parole queste vecchie, amare… buttate al vento. All’Expo 2015, lo spazio di 7 mila metri quadrati dedicato al Mediterraneo e gestito dalla Sicilia è stato definito un “ghetto”, un “flop colossale”, un “caos assoluto”, soldi (anche questi!) buttati al vento. Il governatore Rosario Crocetta ha detto che la colpa è dell’Expo ed è pronto a far causa, magari sperperando nuovamente i soldi dei siciliani per pagare profumatamente uno stuolo di furbi avvocati. Ma chi, se non i siciliani dovrebbero occuparsi delle cose siciliane? Chi ?
Mezzo vuoto/Mezzo pieno
Prima della crisi, il Sud aveva già i sui enormi problemi storici e cronici. Più di tutti l’incapacità di noi cittadini di essere dei veri cittadini. Purtroppo la durata della crisi ha attivato un sottile meccanismo di riparazione di natura psicologica che consiste nell’affermarsi di un ottimismo d’obbligo latente per via del quale cambiamenti di facciata vengono venduti dai politici e sempre più scambiati dai cittadini per veri e propri miglioramenti; flussi turistici naturali per strategie economiche predisposte da questa o quella amministrazione, questo o quel deputato; gestioni fallimentari dell’ordinaria amministrazione per criticità; l’assenza di democrazia partecipativa per efficienza. Sì, vedere il bicchiere mezzo vuoto diventa sempre meno trendy. Ma come fare a vedere il bicchiere mezzo pieno quando questo è quasi vuoto oppure sporco? Due semplici esempi riguardanti direttamente la nostra città ci aiutano a capire meglio: la ricostruzione del piazzale del Lido di Noto e la gestione dei rifiuti.Per quanto riguarda il piazzale del Lido (avevamo già scritto un articolo http://www.evarconews.it/difesa-della-costa-o-difesa-del-mare), l’Amministrazione poteva scegliere tra la soluzione elettoralistica, ricostruire in fretta e furia entro maggio, ed una più lungimirante, intelligente, che sarebbe consistita nel cogliere l’occasione del crollo per pensare a come gestire il fenomeno dell’erosione delle spiagge – essendo le spiagge una risorsa economica maggiore della città e dell’isola. Nella fattispecie, la ricostruzione del piazzale poteva avvenire attraverso una struttura leggera, pedonale, che avrebbe favorito i processi naturali di sedimentazione permettendo di aumentare da subito e poi nel tempo la spiaggia. Invece l’Amministrazione opta per la semplice e frettolosa ricostruzione del muro di contenimento. I turisti saranno contenti, i cittadini anche. Ma fino a quando? E poi, perché non chiedere il parere ai cittadini ?
Quanto alla gestione dei rifiuti, un elemento capitale in una città che vuole vivere di turismo come Noto, le svariate foto che circolano su Internet di decine di piccole discariche abusive e di bidoni di raccolta stracolmi per settimane, di oggetti ingombrati e inquinanti abbandonati sul ciglio delle strade, non hanno più bisogno di commenti. L’Amministrazione afferma che la raccolta differenziata è un grande successo! senza apparentemente capire o, fingendo di non capire, la differenza che esiste tra raccolta e gestione. Ma i cittadini non possono che essere contenti dei risultati della differenziata!
Dal Barocco all’Iperbarocco
Dopo decenni di isolamento, degrado e torpore, a partire dal 2002 la città di Noto continua a conoscere il fervore degli anni Unesco. Da un certo punto di vista è normale che il cambiamento rapido di cui è protagonista sia caotico e disordinato. Ma lo sviluppo che può generare un attore esterno come l’Unesco è un arma a doppio taglio, poiché la politica che amministra la città, come già è il caso, per incapacità o per calcolo, può limitarsi ad occuparsi esclusivamente di ciò che l’Unesco ha messo sotto i riflettori. Allora cambiamenti di facciata possono essere venduti dai politici e scambiati dai cittadini per veri e propri miglioramenti; flussi turistici Unesco per strategie economiche predisposte da questa o quella amministrazione, questo o quell’onorevole di turno; gestioni fallimentari dell’ordinaria amministrazione per criticità; l’assenza di democrazia partecipativa per efficienza; il degrado delle periferie per un sacrificio scontato dettato dall’emergenza Unesco; il Barocco per Iperbarocco.
Ma allora una semplice domanda: non sarebbe meglio chiedere all’Unesco di inserire nel World Heritage non solo il Barocco ma anche il piazzale del Lido, le discariche abusive, la gestione dei rifiuti, infine noi cittadini e tutta la Sicilia ?
Stefano Alderuccio
* Retata senza precedenti condotta da polizia italiana e Fbi. Traffico mondiale gestito da una pizzeria in America
A Noto non solo chi abita il Palazzo, ma anche chi vi aspira ad abitarlo, facendo qualche eccezione, ha un respiro politico – culturale ” provinciale ” , chiuso nell’ambito locale,dove cerca di affermare la propria soggettività di piccolo borghese,a cui manca la memoria dei vari processi storico culturali, locali, nazionali, globali, di conseguenza di un reale Progetto che coinvolga realmente la Città.
Come dire: Si ci infogna nel localismo in salsa Barocca!
Caro Roberto,
dici “manca la memoria dei vari processi storico culturali, locali, nazionali, globali, di conseguenza di un reale Progetto che coinvolga realmente la Città.”
André Gide a questo proposito scriveva: “Il presente sarebbe pieno di ogni possibile avvenire, se già il passato non vi proiettasse una storia. Ma, ahimè! un unico passato propone un unico avvenire.
In tre 3 righe Gide spiega con una lucidità rara per l’Occidente quello che la filosofia orientale chiama “karma”.
Chi non comprende a fondo il proprio passato è “condannato” a ripeterlo… : l’epoca Barocca a Noto non è ancora finita, dura da 3 secoli, ma quando il Barocco si imballa, quando diventa auto-contemplazione narcisista, quando diventa spettacolo per l’altro, allora è condannato a diventare Iperbarocco. Quest’epoca, l’Iperbarocco, per la città, sta iniziando adesso e ovviamente ciò è dovuto, come tu dici al fatto che “manca la memoria dei vari processi storico culturali, locali, nazionali, globali”, per cui la città (tutta, non solo la città barocca) è quello che è. Se il Barocco portava in sé la premessa di una morte lenta per quanto romantica, l’Iperbarocco, nell’era del consumismo e della velocità, quali frutti ha in serbo?
Saluti,
S.A.
Caro Stefano, a Noto siamo molto lontani da quello che scrive Gide, figuriamoci dall’Oriente, dalle sue leggi Karmiche. La ragione a Noto non è mai passata sotto nessuna forma, perché si è culturalmente troppo identificati con il passato, con ” quell’unico passato ” di cui parla Gide, che purtroppo viene ancora scimmiottato sotto molti aspetti in chiave contemporanea! Prevale culturalmente e politicamente una specie di ” danza immobile ” , per citare una frase del libro ” L’arte di annacarsi ” di Roberto Alajmo, dove si parla anche di Noto.
Expo, Petrini: “Occasione persa. Slowfood è qui solo per non lasciare la sedia vuota”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/05/19/expo-carlin-petrini-occasione-persa-slowfood-e-qui-solo-per-non-lasciar-sedia-vuota/373722/
Expo, Petrini all’attacco: “E’ un circo Barnum, hanno dimenticato i contenuti”
“Straordinaria impresa estetica, ma si è persa l’occasione di fare cultura e trasmetterla. ”
http://milano.repubblica.it/expo2015/il-dibattito/2015/05/19/news/petrini-114753878/?ref=HREC1-12