Provo grande amarezza e un certo senso di vergogna in queste ore per come il Partito Democratico appare agli occhi degli italiani. È disarmante assistere all’esultanza di una classe dirigente di fronte alla sentenza della Consulta che ha letteralmente smembrato l’Italicum, la legge elettorale fortemente voluta dal segretario del Pd eletto nel 2013. Una legge elettorale che, secondo Renzi, ci avrebbero invidiato nel resto d’Europa; una legge elettorale approvata a colpi di fiducia e con una maggioranza risicata.
L’esperienza dell’Italicum – approvazione con voto di fiducia e bocciatura della Corte Costituzionale, nonostante le fantasiose interpretazioni affidate ai tweet del post-sentenza – è uno di quei passaggi che entra di diritto tra i peggiori esempi della storia politica italiana.
C’è chi continua a non rendersi conto che l’unico modo per ricompattare i riformisti italiani su una comune idea di società è indire immediatamente il congresso del Pd. Senza più tentennamenti o scorciatoie. Il confronto democratico non dovrebbe far paura a nessuno, a maggior ragione a chi, sulla scia di un congresso vinto meritatamente nel 2013, sta provando a ergersi a capo di un partito che capi non ha.
Il Pd ha un segretario, eletto attraverso un congresso e ha degli organi decisionali eletti democraticamente. Oggi il segretario Renzi, il presidente Orfini e tutti i componenti dell’Assemblea e della Direzione nazionale eletti nel 2013, me compreso, sono scaduti. Tutti, inesorabilmente, scaduti politicamente.
Tutta l’attuale classe dirigente del Pd è scaduta non soltanto perché dal 2013 sono ormai passati 4 anni ma, semplicemente, perché lo ha stabilito la più basilare regola della politica: il voto popolare. E, invece di un finto mea culpa, forse sarebbe stato il caso di affrontare perché il 4 dicembre i cittadini italiani hanno sonoramente bocciato la riforma costituzionale voluta dal Pd e dal suo segretario.
La classe dirigente del Pd, a partire da Renzi, è scaduta perché gli italiani hanno detto No al nostro progetto politico. Le ragioni profonde di questa sconfitta, l’idea di Paese che vogliamo, della società nel nuovo contesto europeo e internazionale, non possono essere discusse da una classe dirigente scaduta e che, alla prova di governo, si è dimostrata inadeguata e, a tratti, incompetente.
Un confronto franco lo dobbiamo ai nostri militanti e a chi in questi vent’anni ha creduto in un centrosinistra unito, ha creduto nell’Ulivo e nel Pd. Invece oggi vedo un gruppo dirigente che si chiude tristemente in una stanza al Nazareno per progettare scorciatoie su scorciatoie. Quasi fosse una riedizione di quei tanto bistrattati caminetti ma, ovviamente, in versione 2.0.
Dalla Consulta è uscita la più chiara e netta bocciatura alla classe politica italiana, incapace, ancora una volta di scrivere una legge elettorale che rispetti la Costituzione. Oggi quel che resta di Porcellum e Italicum sono due mezze leggi elettorali, diverse tra Camera e Senato, una figlia della miopia del centrodestra, l’altra figlia dell’arroganza del nostro Pd.
Renzi ha il dovere di convocare subito il congresso, noi abbiamo il dovere di dare agli italiani una legge elettorale semplice, comprensibile da tutti, che duri a lungo e non venga modificata da una legislatura all’altra. Soltanto così potremo guardare in faccia, senza vergogna, i nostri militanti e gli italiani.
Matteo Renzi ha trovato un partito democratico contendibile, è stato eletto segretario nel 2013 e con questo suo atteggiamento a volte ottuso, a volte arrogante, di totale chiusura verso chi non dice sempre sì ha reso il Pd sempre più simile a uno di quei partiti padronali che abbiamo sempre avversato.
Se perfino in Conclave un parroco di provincia può aspirare a diventare Papa, mi chiedo perché nel Pd questo non è più possibile. Perché in era renziana a un sindaco, un presidente di Regione, un semplice iscritto al partito non è più consentito diventare segretario? Vorrei, almeno, capire il perché. Vorrei semplicemente capire da quando il Pd, scalato legittimamente da Renzi nel 2013, non è più contendibile.
Continuare ottusamente a dire “al voto, al voto e con qualsiasi legge”, evitando il confronto nel proprio partito e nel Paese, significa in un colpo solo distruggere il Pd e vent’anni di storia del centrosinistra italiano. Il futuro, ha scritto Renzi, a volte torna.
Dovrebbe sapere che il futuro è la parte di tempo che non ha avuto luogo. Tutto questo, invece, lo conosciamo già, come ne conosciamo l’esito. Fermiamoci fino a quando siamo in tempo e apriamo immediatamente il congresso 2017.
Francesco Boccia – Deputato PD – www.repubblica.it
I Compagni di un tempo che fu ridotti a qualunquisti della politica nazionale, europea e globale,interfaccia politica delle multinazionali e degli USA, con cui partecipano alle varie guerre imperialiste.