L’ALVEARE DI CAVA CAROSELLO, UN CASO IRRISOLTO
E’ stato da più parti segnalato, nel sentiero che scende nella cava del carosello a circa dieci minuti di cammino, uno sciame d’api.
In realtà, ad una attenta ispezione dei luoghi, ci si accorge di una colonia di api che si è insediata in un anfratto della roccia, dove ha costruito un alveare.
Trattasi di Apis Mellifera, sottospecie ibrida di Ligustica, faglia di Apidi, ordine Imenotteri, classe Insetti.
Viene a più voci richiesto di effettuare la rimozione ed il trasloco della colonia.
La motivazione di questa operazione, sicuramente traumatica, sarebbe un presunto disturbo ai “visitatori” poiché il nido d’api è posto sotto un gradino di passaggio in quel sentiero.
A tale modalità di risoluzione del problema, la nostra risposta è univoca: Quell’alveare naturale non va rimosso.
Occorre lasciarlo dove si trova, proprio per educare al rispetto degli animali e della Natura.
Ci è stato detto: il problema è che si trova in un punto di passaggio!
E che ci possiamo fare, hanno scelto loro dove abitare ….. se hanno sbagliato valutazione del luogo dove hanno fatto il nido ne pagheranno le conseguenze. Questo meccanismo rientra nel gioco della selezione naturale.
A noi resta solo da rispettare la loro scelta e non interferire se non per gravi e urgenti motivi.
Il problema non è l’ape che ha deciso di fare casa lì. Il vero problema è l’uomo occidentale di oggi, con il suo delirio di onnipotenza tecnologica. Egli pensa di potere passare e andare dappertutto, di occupare il suolo a suo piacimento, perché si sente il padrone assoluto di questo pianeta. Egli è il degno erede ed il perfetto discendente degli Yankee, che nel settecento fondarono l’Unione degli Stati d’America.
Ripassiamo la storia della colonizzazione e indebita occupazione delle Riserve degli Indigeni Pellerossa, la conseguente distruzione di una millenaria civiltà permeata di rispetto per l’ambiente naturale, di cultura della coabitazione con gli animale.
Ripercorriamo questa triste pagina storica, l’inizio di quel viatico che, nei secoli appresso, ha portato alla concezione e all’impostazione dello sviluppo economico del capitalismo di oggi.
Epilogo di questo percorso storico è l’attuale mentalità dell’uomo “moderno”
Così Egli ha ridotto a limite della sostenibilità le risorse e gli spazi della natura, mettendo a rischio la persistenza della Vita sulla Terra. Egli è talmente superbo da pensare di poter sopravvivere alla distruzione e alla estinzione degli animali!
E’ mai possibile questo?
O è vero invece il contrario come insegna la disastrosa vicenda di Chernobyl?
Visto che si avanzano motivi di sicurezza ed incolumità per i cosiddetti “visitatori” a giustificazione di eventuali interventi di rimozione, vi propongo la seguente soluzione: segnaliamo la cosa all’Ente Gestore e al Comune di Noto; apponiamo quindi una recinzione con paletti di castagno e una scritta che così recita:
PRESENZA DI UN ALVEARE NATURALE. RISPETTATELO! NON DISTURBATELO!
AZIENDA FORESTALE e COMUNE DI NOTO a cura dell’EFS.
Mario Alì
Caro Mario, OK sulle riflessioni in merito alla non rimozione dell’alveare di cui sopra: sulla cui tua sincera e genuina filippica non concordo pur comprendendone i timori squisitamente ecologici. Nel caso in questione – non ricordo più quanti secoli(leggi: decenni) addietro io sia sceso nella Valle del Carosello e, pertanto, mi rivolgo all’E.F.S. di cui sei Segretario di Noto: NON AVETE VOI DIVULGATO SUI SOCIAL E NEL GRIFONE IL VS. IMPEGNO A SEGNALARVI SCIAMI DEL GENERE E CHE CI AVRESTE AIUTATI A RIMUOVERLI?
Il mio interrogativo nasce dall’esperienza di vivere da oltre mezzo secolo in campagna alla Zisola, nella cui casa con grande finestra da letto a Nord – per tanti anni e per più volte – ho rimosso e fatto rimuovere da esperti, che curavano alveari per trarne miele, interi ed improvvisi grossi sciami che s’annidavano negli interspazi delle cornici di pietra che occludono vuoti interni alla muratura dell’Ottocento: non vorrei che, se le api impazzite mi tornassero di nuovo – perché spesso tornano – fossi criminalizzato per difendermi da un pericolo che – primum vivere deinde philosofari – comunque esiste e che AI VISITATORI O TURISTI VA NECESSARIAMENTE EVITATO: a meno che – se non ci fossero alterative valide alla tua riflessione – qualcuno un giorno non denunci UN DANNO TEMUTO ai sensi della vigente legislazione facendo CHIUDERE dal qualche Magistrato quell’accesso alla Valle! Quanto sopra è da me detto e scritto con la stima e la simpatia che, nel recente ns. incontro, ti ho dimostrato. Biagio Iacono
Ciao Biagio, mi scuso del ritardo con cui rispondo al Tuo commento. Solo ora me ne hanno dato notizia, in quanto non ho l’abitudine giornaliera a frequentare chat o blog. Comunque grazie del Tuo riscontro positivo e devo dire che con le Tue osservazioni mi inviti a pasta asciutta: eseguire travasi di alveari è stato per me un piacevole mestiere di apicultore fin dal secolo scorso insieme a Bruno Ragonese. Egli mi invogliava a fare queste operazioni di trasferimento di colonie di api annidate in casolari, appartamenti, tapparelle o serrande, vuoti di muratura tra le finestre,eccetera…come Tu hai ben descritto.
E stai certo che tali operazioni di travaso continuerò a farle con convinzione, perché ritengo opportuno che l’habitat dove si svolge la vita quotidiana dell’uomo, sia lasciato libero da indesiderate intrusioni.
Tuttavia devo farTi notare che il caso dell’alveare del Carosello configura una situazione diversa, anzi speculare e contraria: la Cava del Carosello è e deve rimanere un ambiente naturale ove gli animali scelgono di vivere, soggetti alle leggi della selezione come tutti gli esseri viventi. All’uomo non resta altro che rispettare le scelte di vita degli animali all’interno del loro habitat (che speriamo presto sarà Parco degli Iblei). Spetta all’uomo questa volta tenersi lontano dagli alveari e chiunque entra, a qualsiasi titolo, turista, visitatore, guida, guardia…deve avere la coscienza del rispetto della vita animale e vegetale.
Caro Biagio, è anche mio obbligo fare un ulteriore chiarimento in merito al manifesto dell’EFS affisso pubblicamente, postato sui social, pubblicato sul Grifone come Tu hai detto. Ritengo opportuno definire i termini e i modi usati in quel manifesto, cosicché possiamo in futuro capirci e non prendere lucciole per lanterne.
È vero che abbiamo invitato i Cittadini a segnalarci la presenza di sciami d’api; è vero pure che ci saremmo occupati della loro raccolta.
Ma la raccolta di SCIAMI, non la rimozione e il trasloco di COLONIE D’API !!!
Sono due termini che hanno un significato completamente diverso, sottendono due fenomeni naturali differenti e di conseguenza due operazioni apicole del tutto distinte.
Quello del Carosello non era uno sciame, ma si trattava di una COLONIA, cioè una vera e propria famiglia d’api che si era annidata in un anfratto roccioso e aveva costruito un intero ALVEARE con favi di cera, con covata, con scorte di miele e polline.
Cosa diversa è lo SCIAME menzionato e richiesto nel nostro manifesto. Esso è solo un momento della vita di una famiglia d’api, peraltro molto fugace, dura al massimo quarantotto ore s.c.
Trattasi di un grosso glomo di api le quali, volate via da una famiglia di origine, stazionano per pochissimo tempo, in attesa che le esploratrici trovino un nuovo nido. In poche parole lo sciame è un fenomenale mezzo di moltiplicazione naturale delle famiglie d’api.
Noi dell’EFS mediante quel manifesto proponiamo quindi una modalità non traumatica di raccolta e forniamo a quegli insetti la sicurezza di una abitazione.
Sì, perché devi sapere, caro Biagio, che oggi come oggi, in conseguenza della eccessiva antropizzazione dei territori, nel nostro pianeta la sciamatura è diventata un avventuroso enigma per le api. E devi sapere che l’apicultore, mettendo a loro disposizione le sue arnie come abitacolo, costituisce un’ancora di approdo e di salvezza per questo prezioso insetto. Almeno tutto questo accadrà fino a quando l’Umanità non avrà provveduto a sanare il degrado dell’ambiente naturale.
Per concludere Ti faccio notare che riferendomi all’alveare del Carosello, ho usato il verbo al passato: era…si trattava…eccetera… il perché lo scoprirai nell’articolo che pubblicherò nel prossimo numero di Grifone.
Spero che Tu possa accogliere quanto detto tramite lo stesso animo con cui l’ho raccontato. Con simpatia, Mario Alí
Caro Mario, leggo con piacere e con sincera condivisione tutta la tua risposta ai miei dubbi: debbo solo ringraziarti anche per le precisazioni non solo linguistiche ma concrete che mi fai notare e ben capire sull’argomento. Ho già letto ed apprezzato il tuo pezzo sul Grifone a proposito di quanto il nostro Bruno Ragonese ci raccomandava e scriveva. Ciao e grazie ancora. Biagio Iacono