Uno degli avvenimenti storici, artistici e culturali che attirava ogni anno un considerevole numero di turisti era “La semana delle sirenas, piratas e mesnadieros” … in questo periodo la città “vecchia” era abbellita e addobbata, sino a restituirla agli antichi splendori e sfarzi settecenteschi.
Lo storico “ remaque” si svolgeva la terza settimana di luglio e vi partecipavano gran parte dei cittadini locali, i quali si abbigliavano, s’imparruccavano e si muovevano, riproponendo, comportamenti e situazioni dei loro antenati.
Per sette giorni nelle piazze, strade, vicoli, cortili, scalinate spuntavano bancarelle per la presentazione e la degustazione di prodotti artigianali ed alimentari del loro nobile passato … erano esposti: ventagli, pizzi, scialli, attrezzi per l’agricoltura e per la casa, mobili e ceramiche, antichi oggetti da toilette, strumenti musicali, vecchie foto, libri, stampe, fra i quali non era spesso impossibile trovare alcuni pezzi di valore; mentre schiere di donne cucinavano sopra fumose griglie: carni, pesci e verdure secondo antiche ricette … e per i bambini si riproponevano i ricercati “spiedini del Pirata”: pezzetti di banana, ananas, anguria, melone, papaya, caramellati e infilzati in sottili bastoncini … giovani e vecchi teppisti di quartiere organizzavano giochi d’azzardo, su improvvisati banchetti, come “Il gioco delle quattro carte” che tutti sapevano essere una truffa, ma regolarmente, vi partecipavano, facendosi “spennare”, mentre anziane donne travestite da maghe e fattucchiere leggevano la mano, facevano i tarocchi o vendevano filtri d’amore ed elisir di lunga vita.
Cantastorie, giocolieri, mangiafuoco e saltimbanchi intrattenevano, dal tramonto a per gran parte della nottata, i numerosi visitatori e turisti che affollavano i vicoli, le scalinate e le piazzette, illuminate dalle fiaccole e dai bracieri.
Il tutto terminava la domenica con la celebre “Notte della Memoria”, una riedizione della terribile notte del luglio 1687, quando il pirata Jean Perrigret, con l’inganno, era penetrato a Santa Caterina, mettendola a ferro e a fuoco e a mezzanotte in punto, tra un tripudio di fuochi artificiali, botti e luminarie la popolazione in costume, mescolata ai turisti, “calava” verso il centro della città, simbolo dell’antica Santa Caterina, annunciando che era risorta.
Direttore artistico, organizzatore e storico era don Fabricio Gerardo Santiago, ultimo discendente dei baroni dela Rocay Borja, una tra le prime famiglie nobiliari che avevano partecipato alla ricostruzione, stabilendosi nella “nuova” Santa Caterina … don Fabricio aveva assunto questo incarico appena trentenne e dopo dodici anni di attiva partecipazione era ancora l’anima trainante … la sua figura non molto alta, ma ben proporzionata, si era un poco appesantita, i folti capelli neri, portati lunghi all’indietro, cominciavano a diradarsi alle tempie … però i suoi occhi, neri come la pece e accentuati da ciglia lunghissime. erano sempre vivi, ironici ed indagatori … uomo con una buona cultura classica, era considerato il depositario della tradizione e della memoria storica di Santa Caterina.
Anni prima, aveva scritto la sceneggiatura dello spettacolo, a quattro mani, col suo amico d’infanzia Evarco Espinosa, del quale ammirava la brillante intelligenza, ma non ne condivideva spesso le idee politiche, da lui ritenute troppo progressiste … l’attuale leader del movimento d’opposizione “Banana por todos”, suscitava i suoi commenti ironici e pungenti … ma l’amicizia e gli interessi culturali, erano tuttora saldissimi ed ogni anno, con rinnovato slancio, si ritrovavano a programmare e organizzare la “Notte della Memoria”.
Questo dramma storico, ben collaudato, viveva sulla figura d’alcuni personaggi popolari, riconosciuti da tutti: Padre Beltran de Santa Cruz, l’unico frate francescano sopravvissuto alla strage e voce narrante … sin dalla prima volta interpretato da Porfirio Fanfarones, da anni direttore e primo attore della filodrammatica “Gli amici di Shakespeare “ … per compenetrare meglio nella parte si era fatto crescere una lunga barba, che per “La semana”, si tingeva di bianco.
Per il pirata Jean Perriguet soprannominato “el Pirana” … da sempre la parte era assegnata a persone di alta statura, robusti e dotati di una voce roboante … negli ultimi sei anni si erano alternati nel ruolo: Amerigo Locomotora, trattorista alla cooperativa “Machete” ed Emiliano Secretario, impiegato di II° livello al Catasto.
La parte del pirata Joselito detto “El loco”, vice di Perriguet, era da sempre assegnata, senza ombra di contestazione, a Juan Cerdo, il quale, per tutti, ne era la perfetta reincarnazione.
Mariana Ardiente de Bayamo, una nobildonna che sacrificò la sua verginità per salvare alcune giovanissime novizie del convento di “Santa Clara” (la leggenda narra, che ostruisse la porta d’accesso alle cellette delle fanciulle col suo corpo “abbondante”… sembra pesasse oltre 120 chili … urlando: “Fate sul mio corpo ogni nefandezza e turpitudine … possibile, ma non toccate, in nome di Dio, le fanciulle”).
La leggenda asserisce che le novizie furono salve … mentre la cronaca di un anonimo del tempo riporta la triste testimonianza di una trentina di bestiali e sanguinari pirati, che descrissero quella notte e, soprattutto, quella esperienza come una delle più terrificanti e traumatiche delle loro tragiche vite da fuorilegge!
Il ruolo era “coperto” da Corradina “Tifone”Aguilera, la seconda delle tre figlie di Pancho Aguilera, il miglior rivenditore di carni bovine e suine del centro cittadino … Corradina, all’epoca della nostra cronaca, aveva 29 anni, nubile, alta 1,54, peso forma durante “La semana”, 123 chili … da anni cercava di circuire don Fabricio Santiago ed Evarco Espinosa, facendoli oggetto di regalie, consistenti in trecce delle ottime salsicce e lombate prodotte dal padre, onde convincerli a rivedere il personaggio della Bayano, dandole un taglio nuovo … diciamo più all’“Actor’s Studio”di Elia Kazan … secondo lei: il pubblico avrebbe sicuramente apprezzato una recitazione più coinvolgente, più realistica e diciamo pure più … carnale.
Don Fabricio, uomo timido e profondamente timorato, sudando copiosamente nel suo disagio, ogni anno gentilmente, le spiegava che la storia della città non poteva essere legata … ai metodi rivoluzionari di Kostantin Stanislavskij, il guru californiano della recitazione … però, pur di non perdere le gustose salsicce, continuava a prometterle che, appena il pubblico fosse maturato e in grado di apprezzare questi metodi d’avanguardia, avrebbe cercato di accontentarla e … soddisfarla.
Per quanto riguardava la ciurma dei pirati, non esisteva alcuna difficoltà a rimediare un certo numero di ceffi e facce da galera, bastava cercare tra la classe amministrativa e politica locale e si poteva trovare tutto quello che necessitava.
Alla stessa maniera, per la “Notte della Memoria”, la scelta delle 100 popolane che dovevano rappresentare le 400 ladre e prostitute che il Re di Spagna aveva inviato nella nuova Santa Caterina per rimpinguare la popolazione femminile, prelevandole dalle carceri nazionali … dato il gran numero di richieste … questa avveniva con un’estrazione pubblica, davanti al Municipio, dei nomi delle fortunate … il lunedì di Pasqua.
Sulla piazza del Mercato della città vecchia e nei vicoli circostanti, durante le prime settimane di luglio, numerosi volontari ricostruivano con fondali di cartone, legno, cartongesso e teli dipinti: palazzi, chiese, case e monumenti dell’antica Santa Caterina, sotto la regia di Fabricio Gerardo Santiago … e la notte della domenica di chiusura, nell’apoteosi dello spettacolo finale: un centinaio di brutti ceffi, vestiti da pirati, assalivano le oltre trecento persone che impersonavano i popolani, i nobili, gli ecclesiastici, i soldati, le donne ed i bambini, il tutto alla luce di torce e lanterne … le feroci urla degli assalitori si mescolavano alle grida degli sventurati sancaterinesi … grida di paura e di dolore, molto spesso reali, perché nell’oscurità della notte “venivano” regolati tutti i conti in sospeso … accumulati nei mesi precedenti per dissidi, antiche faide e questioni personali.
A mezzanotte il botto finale: il pirata Perriguet aveva vinto … la città era stata conquistata, tutte le violenze consumate e decine di corpi giacevano stesi sulla piazza e sulle scalinate … l’antica Santa Caterina era data alle fiamme … lo spettacolo, sempre carico di pathos, era … soprattutto abbagliante !!
Oddio, anche le cose più belle, a volte, lasciano qualche piccolo spiacevole strascico: negli ultimi tre anni, durante il “rogo” finale, erano andate distrutte dalle fiamme … non sempre, purtroppo, ben controllate … la drogheria: scatolame e arredamento compreso, di Manolo Crumiro … la casetta in pietra, con i vasi di fiori alle finestre, della vedova Sanchez-Colon: due stanze più cucina e bagno, eretta agli inizi del ’800, che aveva resistito stoicamente a due terremoti ed a tre uragani, prima di finire in fumo duecento anni dopo … la bancarella di frutta di Consuelita, la mulatta, insieme al furgone di Raoul Cocho: tutto in un unico rogo … mentre della Citroen” 2 cavalli” rossa di Miguel Tinto, il verniciatore, si era salvato solo una ruota e una tanica di tempera viola … e infine, come ogni anno, di molti cani e gatti randagi si erano perse definitivamente le tracce, compresa la mula Elenita di Mansueto Sierra.
Ma in quella notte fiabesca, sotto la protezione della Santa, potevano avvenire anche dei”miracoli”: ogni anno molte maritate, molte nubili e anche qualche vedova rimanevano gravide!!!
E mentre le fiamme, pian piano, si smorzavano, la folla esultante degli spettatori, alla quale si univano i caduti resuscitati, “calava” lungo le stradine, i vicoli e le strettoie, verso il bel centro barocco … tutte le luci delle strade e delle abitazioni si accendevano e i balconi si riempivano di gente …la Cattedralespalancava i suoi portali e il Vescovo usciva in processione con la statua di Santa Caterina pronta a benedire la città, in mezzo alla folla esultante.
La “Città Nuova“ era risorta dalle sue ceneri.
Porfirio Fanfarones, nella parte di padre Beltran de Santa Cruz, saliva sul palco eretto al centro della piazza principale e declamava un testo scritto di suo pugno, in cui raccontava la storia della città … a volte si faceva prendere un poco la mano, e proseguiva nella sua oratoria, recitando anche pezzi dell’Amleto, del “Riccardo III° e del “Mercante di Venezia”, poi chiudeva sempre la nottata, declamando alcune poesie di Roberto Mucholindo: la più famosa era “La carta igienica a tre veli”.
Quindi salivano sul palco il pirata Jean Perriguet, il suo vice Joselito “El loco”, la vergine martire Mariana Ardiente de Bayamo, la quale era fatta sostare sulla parte rinforzata del palco, il direttore artistico Fabricio Gerardo Santiago e il suo collaboratore Evarco Espinosa e infine l’Alcalde, Waldo il magnifico, con la sciarpa delle grandi occasioni e la divisa da Gran Ammiraglio … tutti pronti a raccogliere gli applausi dei partecipanti e degli spettatori.
Poi, lentamente, le luci si spegnevano, la processione con il Vescovo e la statua della Santa rientrava nella Cattedrale e il popolo stanco, frastornato e, come sempre. ubriaco di rhum e adrenalina ritornava alle proprie abitazioni, commentando animatamente gli avvenimenti più salienti.
Rimanevano sulla piazza principale solo i Vigili del Fuoco, nel tentativo di spegnere gli ultimi focolari e gli ”operatori ecologici” che, bestemmiando, iniziavano l’immane raccolta dei rifiuti.