Per carità, stiamo in un piccolo paese, ci conosciamo tutti e quindi è subito bene precisare che almeno l’ignoranza, pur supponente, pur così diffusa, è un peccato sì, ma per niente paragonabile con la malafede che si tenta di nascondere non con il silenzio, ma con atteggiamenti platealmente ipocriti. Fatta la classifica, andiamo subito al sodo.
La vicenda dell’acqua che tanto ha occupato le cronache degli ultimi giorni è una colossale dimostrazione dell’ipocrita malafede di tutti i soggetti coinvolti.
La “povera“ SAI8 che ha avuto la recente sfrontatezza di indirizzare una supplica (stigmatizzata dagli stessi sindacati dei lavoratori) addirittura a Papa Francesco. Uno squallido quanto evitabile comunicato di autoassoluzione aziendale, spacciato per accorato appello da parte di dipendenti fortemente preoccupati per il loro destino occupazionale. Una carta già ampiamente giocata, quella del ricatto occupazionale, insieme ad un imbarazzante quanto improbabile vittimismo che vede l’eterna lotta tra il bene e il male: da una parte i buoni (la SpA), dall’altra i potenti cattivi (i politici ed il malaffare siracusano) che la assediano. Salvo dimenticare l’altrettanto pervasivo e insostenibile sistema di potere messo in piedi in pochi anni dalla “povera” SAI8 con il supporto, più o meno organico, di importanti pezzi del potere giudiziario e politico locale. Un sistema, la cui efficacia siamo riusciti ampiamente a sperimentare (e stiamo ancora sperimentando) anche nell’insignificante piccolo della nostra Noto.
I “poveri” onorevoli e aspiranti tali, gravitanti in zona, adusi a predicare bene e, troppo spesso, a razzolare male. Il principe dei quali, già presidente dell’ATO, solo oggi scopre che “SAI8 si è trasformata in qualcosa di diverso rispetto a quella che ci saremmo aspettati”. Indignandosi per essere stato tirato in ballo dal Commissario Straordinario e Liquidatore, Dott. Ferdinando Buceti, per “possibili” irregolarità nella fase di affidamento. Avanzando persino il torbido sospetto che il cattivo commissario abbia volutamente giocato male la sua partita, con solo “una doppia coppia”, quando avrebbe avuto a disposizione un bel poker d’assi. Salvo essere colpito da una strana forma di amnesia selettiva sul fatto che il contratto fu stipulato l’8 febbraio del 2008, sotto la sua presidenza, senza avere ricevuto dalla SAI8 le fondamentali garanzie fidejussorie, del resto mai prodotte successivamente. Ma il vento in politica cambia, eccome se cambia. Meglio subito spostare la banderuola. L’alternativa sarebbe solo quella di tirare a campare di pensione (in regime retributivo si intende).
Il “povero” Sindaco Valvo che, in vista di quello che sembrava (e che poi puntualmente è stato) l’imminente fallimento elettorale del 2011, ha dovuto giocarsi affrettatamente la carta del gesto plateale, di inequivocabile sapore elettoralistico: la riappropriazione di imperio dell’acquedotto. L’ennesima ed ultima boutade di un sindaco ossessionato dall’immagine e non dalla sostanza delle cose. Una cosa è certa e fa pensar male. A quella azione di forza che, sicuramente non ha giovato nell’economia dei rapporti tra SpA e utenti netini, la SAI8 inaspettatamente non oppose alcuna formale reazione, dico nessuna, contro il temerario sindaco. Chissà perché.
Il “povero” sindaco attuale, che da dipendente in aspettativa di Banca Nuova (banca che canalizza parte delle entrate di SAI8) e da grande amico dell’allora presidente Musso (amministratore dell’IREM che deteneva il 10,83% di SAI8) della società calcistica che ha forse avuto un suo peso nell’avere intercettato il consenso elettorale di una bella fetta della tifoseria netina, si è trovato nell’ingrato compito di dover ristabilire velocemente e, soprattutto “responsabilmente”, la certezza del diritto, restituendo a SAI8 quello che era stato maltolto dal suo ormai evaporato predecessore. Nessun reato, credo, spero. Trovo ben sintetizzata la delicatissima problematica in un intervento anonimo tratto da un blog locale che mi permetto di citare: “Un tizio, in virtù della carica pubblica che riveste, prende una decisione che nei fatti si traduce anche in un immediato e permanente vantaggio economico … per la ditta per cui lavorava all’epoca della decisione e per cui continua ancora a lavorare, sempre nelle medesime condizioni di poter mantenere o meno questo vantaggio. Semo proprio sicuri chessè po’ffa?”. In attesa di ulteriori approfondimenti, di certo si può formulare una valutazione negativa (date le suddette condizioni) sull’opportunità di avere assunto, senza un consenso ed un coinvolgimento più generalizzato, decisioni e “non decisioni” che a tutt’oggi lasciano perplessa la stragrande maggioranza dei netini.
La “povera” Aspecon, subito risucchiata nel vortice dell’incapacità politico-amministrativa. Una specie di piccolo parco-zoo per politici di basso cabotaggio, o da ridimensionare, o da ibernare. Ma, cosa più grave, utilizzata per pompare, anno per anno, un impropria voce attiva del bilancio comunale, fino a raggiungere cifre stratosferiche. Salvo dimenticarsi (e qui si parla di almeno tre amministrazioni con l’attuale) che il debito annuale di Aspecon verso il Comune, altro non era che l’equivalente della differenza tra le entrate della bollettazione e le uscite per la gestione, di cui il Comune aveva già constatato l’esistenza negli anni di gestione in economia, trovandosi costretto ad attingere da altri capitoli del proprio bilancio. Una differenza causata da una tariffa forfettaria palesemente sottodimensionata (90 euro l’anno), peggiorata probabilmente all’ottusa ed autolesionista attenzione verso i risvolti negativi, in termini di popolarità, di una incisiva attività di recupero crediti. Dell’assurdità di quella tariffa ne abbiamo oggi una prova, dal diretto confronto con le bollette da rapina dell’amato gestore privato. Come risolvere oggi questi problemi di bilancio? Di certo senza giochi di prestigio, ma ammettendo e correggendo gli errori che ci sono stati. Ne va, soprattutto, della credibilità della programmazione finanziaria del comune.
La “povera” classe politica netina, senza particolari distinzioni tra maggioranza e cosiddetta “opposizione”. Un manipolo di facce nuove, che avevano fatto ben sperare sul rinnovamento di uno stile di far politica da troppi decenni in mano a personaggi “intossicati” dal loro stesso piccolo potere. E invece? Fantasmi. Entità eteree che neanche svolazzano come sarebbe loro appropriato, essendo troppo concentrate a rimanere arpionate ai propri seggioloni. Un’umiliante incapacità di elaborare proprie opinioni per molti, una impossibilità di discostarsi dai diktat “superiori” per i rimanenti. Navigazione a vista su un gommone che fa acqua, senza una visione che non sia la piccola clientela o dove ricollocarsi prima che sia troppo tardi. In compenso, per tutti, terapeutici consigli comunali placebo contro la disaffezione elettorale incipiente.
I “poveri” tribuni locali, che cavalcando la spinta emotiva della mutevole e capricciosa opinione pubblica, si ergono appassionatamente a difensori dei diritti di noi tutti, rivelandosi insospettabili cultori di vari campi dello scibile, in grado di dispensare a destra e a manca e con rara autorevolezza, memorabili sentenze, luoghi comuni e geniali soluzioni a qualsiasi problema. Soddisfacendo, ma che male c’è, un po’ del loro sano narcisismo, salvo dimenticarsi di farsi carico di questa loro non richiesta funzione, proprio quando forse sarebbero stati veramente utili e incisivi (mi riferisco ovviamente allo specifico), non disdegnando comunque di scuotersi dal loro intempestivo torpore, per tuonare sull’improbabile credibilità dei nuovi arrivati, dall’alto della loro gloriosa quanto ormai trascorsa militanza.
E per finire, i ”poveri” utenti che, solo con la parziale attenuante – di certo non irrilevante – della contingente crisi economica, scoprono oggi di essere pervasi dai nobili principi che teorizzano l’acqua pubblica senza l’intrusione dei perfidi privati, come frutto di una profonda concezione dei diritti fondamentali dei cittadini e non confessano, apertamente, che a loro interessa semplicemente ed esclusivamente “pagà de meno”, riservandosi, qualora decidessero addirittura di non volere pagare (magari per sfizio e non per una oggettiva difficoltà economica), di essere emancipati dalla selvaggia minaccia del distacco. Ma si sa, alla fine della fiera, il cliente/utente/elettore ha sempre ragione.
LINCONTINENTE
Articolo 63 – Incompatibilità 27
Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale
colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell’interesse del comune o della provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non sia-no dovute in forza di una legge dello Stato o della regione
Il Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 stabilisce che:
Articolo 63. Non può ricoprire la carica di sindaco … colui che, come …. dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, … in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione;
Articolo 68. … Le cause di incompatibilità, sia che esistano al momento della elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle predette cariche. …
se troppo precisino
La definizione di “sovvenzione”, utilizzata nell’art.63 che annovera le cause di incompatibilità, è da intendere come contributo, mezzo di ausilio finanziario, strumento di incentivazione a favore di una iniziativa economica privata allo scopo di dirigerla verso scopi di benessere sociale; non è quindi mai identificabile con l’aggio derivante alla banca dall’incasso dei versamenti operati dagli utenti a favore di SAI8 come corrispettivi di precise prestazioni. Cade pertanto questa ipotesi di incompatibilità.
Per quanto invece concerne l’ipotesi di “abuso di ufficio”, si può sicuramente ravvisare la compresenza di alcuni prerequisiti essenziali:
– Il soggetto ha dal 2004 uno stabile rapporto lavorativo da dipendente dirigente con la banca beneficiaria degli aggi; dato il ruolo, non si può escludere che al soggetto possa essere riconducibile, direttamente o indirettamente, una partecipazione azionaria in termini di possesso di azioni del Gruppo Banca Popolare di Vicenza;
– fino ad almeno uno o due anni prima dell’elezione (se non fino ad oggi), il soggetto rivestiva la carica di dirigente presso l’agenzia di Siracusa della banca; la medesima agenzia che gestisce il servizio di cassa di SAI8 per i diritti versati dagli utenti per la stipula o la modifica di contratti, per i nuovi allacci, per verifiche, per preventivi ed altre prestazioni esclusa la bollettazione (quest’ultima affidata ad altra banca);
– il rapporto SAI8-banca cassiera, costituisce un automatismo causa/effetto che per le prestazioni sopra elencate, a meno di altre non note, trasforma immediatamente una quota dell’incasso di SAI8, in aggio per la banca cassiera;
– il rapporto lavorativo è a tutt’oggi esistente e, almeno nel primo semestre di sindacatura (non si hanno notizie per il seguito), il soggetto ha optato per l’istituto del permesso retribuito, piuttosto che per quello dell’aspettativa non retribuita; la scelta fatta, comporta un grado di “distacco” tra lavoratore e azienda, meno netto che nel caso dell’aspettativa; il lavoratore, infatti, oltre alle normali 40 ore lavorative, può ancora eseguire ore di straordinario e partecipare formalmente, nel suo ruolo, all’attività della propria azienda;
– non esiste un rapporto diretto tra comune e banca, in quanto mediato o dal rapporto consorzio dei comuni-SAI8 (in virtù del contratto di affidamento) o semplicemente da SAI8 (in virtù del contratto di fornitura per le utenze comunali), ma per l’automatismo dei rapporti SAI8-banca cassiera sopra citato, la semplice riacquisizione della gestione del sistema idrico integrato comunale, si traduce in un vantaggio economico certo per la banca cassiera a seguito dell’inevitabile aumento del volume di affari conseguenziale alla detta riacquisizione. Di converso la perdita di tale controllo, si tradurrebbe in un danno economico certo anche per la banca cassiera.
Ciò detto occorre però, perché si configuri il reato di “abuso di ufficio”, che l’illecito vantaggio ottenuto sia provato e tangibile e non solo potenziale. E fino a prova contraria, vogliamo fortemente credere che questa eventualità non sia incorsa e non incorrerà mai.
Ma è anche vero che, nel quadro sopra delineato, ed anche per il singolare succedersi degli eventi a Noto, il sindaco rischia di non apparire chiaramente “terzo” rispetto ai vari interessi in campo e di appannare irreparabilmente la sua credibilità di fronte all’opinione pubblica cittadina. Siamo certi che di tali pericoli sia perfettamente cosciente anche il nostro sindaco e, francamente, non comprendiamo come mai perseveri ancora in questa potenziale autolesionistica strategia di assumere decisioni o “non decisioni” che, puntualmente, mai vanno a ledere gli interessi del gestore privato.