Devo prendere alle 7.05 il volo dell’Alitalia per Catania. La mia segretaria è riuscita ieri a trovarmi uno degli ultimi posti nella classe “Economy Flessibile”. Per la Business Class sull’Iberia mi tocca aspettare l’attivazione delle tratte a partire dal 18 luglio. Ma, a quanto pare, ci sarà occasione. Per strada, sul taxi, penso che da oggi devo sforzarmi a pensare in italiano e non nella mia madre lingua. Mi aiuterà ad entrare in sintonia con la gente del luogo. Ad intuirne meglio i punti deboli.
Il capo mi aveva preavvertito. In quel di Sicilia, da qualche mese, la compagnia stava per giocarsi, in modo discreto ma misurato, la penetrazione nel mercato italiano. Come fu per gli alleati nella seconda guerra mondiale, il punto di ingresso più adatto si è ripresentato nella Sicilia Sud Orientale. D’altro canto, l’analogia con le strategie militari non è poi così peregrina, anzi. La conquista dei mercati transnazionali non si ottiene certo con le armi, non si vede scorrere sangue, ma vi garantisco che le vittime ci sono. Specie quelle “civili”.
L’aereo sta ormai rullando sulla pista. Sono concentrato su quello che mi aspetta all’arrivo. L’italia non è terra facile. Non lo è stato il vicino Portogallo, né la lontanissima Cina. In Spagna abbiamo il 33% del mercato, la quasi totalità della quota privata. Ben 11 milioni di abitanti serviti in più di 800 comuni. In Italia solo il 10% della popolazione è servita da società private, alcune di tutto rispetto, per cui non possiamo neanche azzardarci a pensare di entrare dalla porta principale. Basta solo la pazienza e prima o poi l’occasione giusta si presenta, puntualmente.
Nel briefing di qualche giorno fa, il nostro fiduciario in Sicilia ci aveva spiegato che il fallimento di un piccola società che si era accaparrata il servizio in modo rocambolesco, contando sulla benevola approssimazione degli amministratori locali, aveva creato le condizioni uniche per procedere, finalmente, all’ingresso nel mercato italiano. La Sicilia non è proprio il massimo per iniziare, ma poteva capitarci anche qualche altra regione peggiore. E poi, si scherzava l’altro ieri al ristorante, gli spagnoli in Sicilia hanno una lunga tradizione di proficua dominazione. Ci troveremo subito a nostro agio.
Dal dossier “confidencial” che ora sto sfogliando sul tablet, apprendo che la scorsa settimana è stata cruciale per l’epilogo a noi favorevole. Leggo che un gruppo di sindaci tra lo sprovveduto e l’ammiccante, ci hanno permesso di ribaltare una situazione che sembrava ormai irrimediabilmente compromessa da una legge fatta approvare, agli inizi di questo mese, ad opera di alcuni politici da cui non ci si aspettava, in verità, tale spirito di iniziativa, visti i loro precedenti nella materia. Un inaspettato colpo di mano, ci aveva costretto a correre immediatamente ai ripari. Convocazione immediata dei vari attori: avvocati, giudici, sindaci. Non era più tempo di tatticismi. Bisognava andare al sodo. Se da una parte i nostri “cavalli di troia” dovevano necessariamente scoprire le loro carte, dall’altra dovevamo rendere impraticabile, quanto possibile, il ricorso all’incauta nuova legge. Ovviamente, abbiamo cercato e trovato i giusti contatti e chi di dovere ha provveduto a neutralizzare la legge, impedendole di divenire esecutiva ritardandone la pubblicazione. Soluzione semplice ed efficace. Ma in questi maneggi, pare, i siciliani non sono secondi a nessuno.
Devo ammettere che i nostri nuovi negoziatori, che hanno sostituito quelli che erano stati presi alla sprovvista, hanno saputo condurre a destinazione la nave che sembrava essersi persa in quel porto delle nebbie che è il mondo politico e amministrativo siciliano.
L’apporto principale è comunque venuto dagli stessi amministratori dei comuni interessati e, più precisamente, dalla loro imbarazzante quanto provvidenziale incapacità di decidere. Sembra che, pur avendo avuto sei mesi a disposizione, neanche quelli più convinti siano riusciti ad articolare alcuna valida proposta alternativa alla nostra. Alla fine, eliminate anche le ultime resistenze, si sono accontentati del nostro impegno ad applicare, per un anno, una tariffa ridotta del 20% rispetto a quella adottata nella precedente disastrosa gestione. Questo dovrebbe bastare a salvare un po’ la faccia agli inetti amministratori ed a tacitare i fastidiosi movimentucoli e i più o meno improvvisati tribuni, contro cui, immancabilmente ci imbattiamo ovunque andiamo per il mondo, sempre ammantati di nobili ideali sull’acqua come diritto inalienabile, ecc. ecc. e poi, alla fine della fiera, interessati solo al costo della bolletta e niente più.
Il mio compito, in Sicilia, come lo è stato in tanti comuni della Spagna e in Cecoslovacchia, tanto da essere considerato ormai un’autorità nel campo, è quello di impostare l’avvio della nostra gestione eliminando, ove esistano, i rami secchi. Curando, nel contempo, la ricerca del consenso da parte delle popolazioni servite, con ruffiane campagne di informazione, con iniziative ad effetto, con opportune sponsorizzazioni di giornali regionali e di campagne elettorali.
Nel frattempo costituiremo una o due società di servizi, da utilizzare nella gestione delle due “nostre” province, per assorbire il personale inutile e toglierlo di mezzo quando si spegneranno le luci della ribalta. Il tutto fino a consolidare la nostra presenza in modo definitivo. Da quel momento, la finiremo con la luna di miele e riprenderemo a fare impresa: “el máximo beneficio con el minimo esfuerzo”. Com’è giusto che sia. Da che mondo è mondo.
Finalmente siamo arrivati. Spengo il tablet. Segue la solita trafila. Recuperato, dopo una lunga attesa, il bagaglio non a mano, esco fuori dall’area riservata ai passeggeri e, tra tutti, quelli che ci aspettano all’uscita, riconosco subito i mie colleghi siciliani del posto. Sono i più sorridenti tra tutti, quasi scodinzolanti. So che mi temono e provo per loro un certo “desprecio amigable”. Non per niente i miei nemici, sorvolando sulle mie indubbie doti, mi chiamano con cattiveria “el potador”.
P.S. Di quello che succederà nei prossimi giorni, se ho tempo, vi darò notizia. ¡Hola.