“Pochi si rendono conto che questo è un paese assetato di giustizia”, “Anche se finge di non crederci, anche se pratica il vezzo del cinismo, anche se per abitudine preferisce allearsi coi più forti, anche se pretende di credere che la furbizia vinca su tutto. Quel poco o molto di buono che c’è nel Paese ha un bisogno fisiologico, estremo di giustizia. E non di una giustizia astratta, sbandierata, retorica, proclamata e fumosa. Ma di quelle piccole giustizie quotidiane che costituiscono poi la grande rete del vivere civile.” (Dacia Maraini, “Sulla Mafia”, 2009).
È drammatico che in città il numero di persone che si rendono conto di ciò si stia sempre più assottigliando e partiti che, in passato, della questione morale e della legalità ne facevano battaglia irrinunciabile adesso provano a derubricare la “spinosa” faccenda con atteggiamenti e proclami tipici di una giustizia astratta, retorica, fumosa.
Derubricata a poco più di un fatto di costume, di irrinunciabile armamentario della prassi di governo amministrativo, in ogni caso questione secondaria o addirittura fuori dai limiti della azione politica.
Quasi tutti i giorni la cronaca cittadina fa trapelare nomine, consulenze, incarichi in ossequio all’immarcescibile insegnamento della “cattiva” politica che per ottenere quello che si vuole – pretesa o diritto, poco importa – la strada giusta è quella di sempre, le trattative sotterranee, gli ammiccamenti, i patti celati, gli scambi.
E a maggior ragione adesso, in piena campagna elettorale, perfino adesso che le risorse pubbliche scarseggiano e che il suo uso perverso si ritorce sulle famiglie, quel modello è ancora fonte di consensi per chi lo gestisce.
Un consenso accattone, certo, miserabile, contrario all’interesse generale, ma utile alla persona, al movimento, al partito.
E’ male tutto questo?
Chiederselo oggi non è inutile perché la tolleranza verso questo metodo impregna totalmente tutto il nostro sistema politico e sociale.
Dal mio punto di vista quell’innovazione capace di orientare il cambiamento è stata in poco tempo cannibalizzata dalla “ragion di stato”, dall’attaccamento alla poltrona, dall’inseguire e difendere interessi personali leciti o pretestuosi che siano.
Un quadro che, come il famoso ritratto di Dorian Gray, nel tempo si è delineato come il fallimento di un progetto e dell’idea di un rinnovamento della politica, di una classe dirigente che la sapesse interpretare in maniera consapevolmente trasparente ed etica, che non ha avuto un’attuazione degna delle promesse e ancor meno delle premesse, che pure vi erano state.
Non l’ha avuto in generale, non tanto nella azione amministrativa ma soprattutto in quel cambio di metodo che si richiedeva, necessario ad una stagione d’innovazione che non poteva e non può prescindere dall’arretramento del sistema delle intermediazioni politiche parassitarie, da un cambio di passo radicale sul terreno del clientelismo, chiunque lo gestisca.
Ieri sera, in un incontro, ho espresso dubbi e preoccupazione sulla situazione politica netina perché la netta sensazione che tanto sia cambiato ma nulla sia cambiato è veramente forte, che schieramenti non molto diversi competono, oggi come allora, per voti e egemonia ma restano sostanzialmente ostili, a “destra” come a “sinistra”, a tutto quello che è fuori dal coro.
Il gioco è stato deciso, le carte sono state distribuite, sul tavolo la posta della gestione del potere per i prossimi cinque anni.
Io, povero illuso e sognatore, continuo a invitare a scegliere l’intelligenza e non la convenienza, a non rassegnarsi al compromesso per un presunto senso di responsabilità o per senso di appartenenza ad un partito o nel migliore dei casi per salvare un nocciolo ideale della propria generazione.
A non avere paura della parola “testimonianza”.
Ma forse così vanno le cose!
Carmelo Filingeri
Caro Carmelo, che..dirti? Anch’io, non so più per quanti decenni nei miei giornali – dalla Rivista Netum(1975) alla Gazzetta di Noto(2011) – non saprei più dirti quante volte le tue riflessioni me le sono firmate con lo pseudonimo “Don Chisciotte”, “Aquilaneti”, “Leoneti” ed altri nomi che non ricordo! E, tuttavia, continuavoi da “povero illuso sognatore”! Ciao. Biagio