A Siracusa funziona cosi, a Noto altrettanto. ndr
Le storie che ci apprestiamo a raccontare sono tutte vere. Sono stati cambiati solo i nomi dei protagonisti e qualche altro particolare per evitare la possibile identificazione delle persone.
Maria ha poco più di quarant’anni, tre figli adolescenti che deve mantenere da sola. E’ disponibile a fare qualsiasi tipo di lavoro: la badante, la baby sitter, la donna delle pulizie, la lavapiatti, etc. Ha fatto le pulizie per diverse strutture ricettive e di alcuni appartamenti affittati come B&B. Tutto in nero ovviamente. L’estate scorsa è stata ingaggiata da una importante struttura turistica del litorale siracusano. Non le sembrava vero, finalmente un lavoro con una assunzione regolare. Il suo compito era pulire le camere dei clienti. Si lavorava in coppia. Venti minuti per rassettare le stanze e quaranta per rifarle ex novo dopo la partenza degli ospiti. La retribuzione oraria era di 7 euro. Divisi per due però: 3,50 euro a testa, all’ora. E se per qualsiasi motivo superava i tempi indicati erano cavoli suoi, lavorava gratis. L’anno scorso Maria ha tenuto duro, aveva bisogno di quei soldi per mangiare, ma quest’anno ha accettato altre occasioni, anche se sempre in nero. “Troppo sfruttamento” dice.
Salvatore ha in gestione diversi appartamenti che affitta ai turisti attraverso la rete Airbnb. I proprietari degli appartamenti lo pagano 50euro ogni arrivo. Deve occuparsi dell’accoglienza, della pulizia dei locali e della biancheria, e deve rimanere a disposizione per la soluzione di qualsiasi problema: dal cambio della bombola e delle lampadine alla riparazione e sostituzione degli elettrodomestici rotti. Se i turisti rimangono meno di tre giorni il gioco vale la candela, ma se rimangono più a lungo sono sempre 50 euro. Cinquanta euro puliti, però, perché sono pagati in nero. A lui va bene così. Per il fisco lui non percepisce alcun reddito e quindi non paga alcuna tassa.
Lucia nel 2018 ha lavorato durante la stagione estiva in un negozio di una delle vie più frequentate di Ortigia. E stata assunta regolarmente, ha un contratto part time di 4 ore. Gliene vengono però pagate 2. Appena ha trovato il coraggio di chiedere di essere retribuita per le ore effettivamente lavorate il suo datore di lavoro l’ha lasciata a casa con la scusa della bassa stagione. Con le buone maniere quindi. Le ha risparmiato la solita manfrina “fuori c’è la fila di persone disponibili a prendere il tuo posto”. Così, come se una persona valesse l’altra.
Morale: o mangi questa minestra o salti dalla finestra.
Said è straniero con regolare permesso di soggiorno. Fa il lavapiatti. Lavora in nero in un ristorante del centro storico. Percepisce 25euro per lavorare dalle 18 alle 24. Se viene chiamato anche per il turno del pranzo (dalle 10 alle 15) percepisce 40euro al giorno. Quando d’estate lavora tutti i giorni, ogni mese mette insieme un bel gruzzoletto.
Potremmo continuare a lungo a raccontare storie simili che chiunque in questa città può testimoniare e che riguardano piccole strutture ricettive come i grandi hotel.
Sul lavoro nero e sul lavoro grigio gli unici dati disponibili sono quelli forniti dal Ministero del lavoro, risultato dell’attività ispettiva all’interno delle imprese.
Secondo il rapporto dell’Ispettorato nazionale del lavoro del 2017 nel 65% delle imprese controllate sono state riscontrate irregolarità.
Il numero di lavoratori irregolari rilevati nel 2017 è aumentato del 36% rispetto al 2016.
Un lavoratore irregolare su 5 è totalmente in nero.
Il maggior numero di lavoratori irregolari è concentrato nei servizi di alloggio e ristorazione e nell’edilizia.
I dati per area geografica non sono significativi in quanto influenzati dal numero di ispezioni effettuate. Di certo nelle regioni del Sud queste percentuali aumentano.
Senza la denuncia del lavoratore però è molto difficile, se non impossibile, smascherare i casi in cui i dipendenti sono pagati meno rispetto quanto dichiarato in busta paga.
I datori di lavoro che scelgono il rispetto delle regole anche nei rapporti con i loro dipendenti sono una vera rarità. Le pratiche di lavoro irregolare sono invece percepite da entrambe le parti come la norma. I lavoratori subiscono per lo più queste situazioni e non sempre sono nelle condizioni di fare valere i propri diritti, soprattutto in realtà dove tutti si conoscono e le opportunità di lavoro sono limitate.
Ad alimentare il lavoro irregolare ci pensano poi le convenienze reciproche.
I datori di lavoro risparmiano su stipendi e contributi; i lavoratori in nero, possono accedere alle iniziative di contrasto alla povertà ed hanno diritto ad utilizzare gratuitamente i servizi sul territorio. Non c’è dubbio, chi propone il lavoro irregolare non dimostra alcun rispetto per le persone che impiega, commette una miriade di reati (vìola i diritti dei lavoratori e favorisce l’evasione fiscale), oltre a praticare concorrenza sleale nei confronti di chi invece le leggi le rispetta.
E’ di qualche giorno fa la pubblicazione dello studio del Dipartimento di economia dell’Università della Tuscia(Viterbo) sulla differenza tra redditi dichiarati e consumi (anno2017), studio che vede la Sicilia al terzo posto(26,51%) per il valore dell’economia sommersa.
Da L’Altra Citta’ – Siracusa