L’ATO, consorzio dei 21 comuni della provincia,è il committente-controllore, la SAI8 SPA il gestore-controllato. Solo che i ruoli di controllore e controllato, fondamentali per far funzionare la gestione ai privati, fin dall’inizio sono andati a farsi benedire. Basti pensare che il Comune di Siracusa, come azionista di maggioranza della fallita SOGEAS, è l’unico azionista “pubblico” della SAI8 (comunque in minoranza rispetto alle quote private), ed è contemporanemente il maggiore “azionista” dell’ATO in funzione del peso dei suoi abitanti rispetto agli altri 20 comuni. In pratica Siracusa siede sia nel consiglio di ammiistrazione della SAI8 (il penultimo membro era proprio il nostro Bosco) ed anche, più autorevolmente, negli organi che governano l’ATO. Altro che conflitto di interesse. Inoltre, l’influenza di Siracusa non finisce qui. All’interno dell’ATO il più alto funzionario è anche (o soprattutto?) dirigente al Comune di Siracusa. Nessun comune è rappresentato nella struttura tecnica dell’ATO. Gli altri funzionari dell’ATO (pochissimi) sono ancora gli stessi funzionari della provincia nominati dall’allora presidente Marziano (lo stesso di queste regionali?) che, notoriamente, non ha mai nascosto le sue smodate simpatie per la SAI8. Insomma il controllore anche se volesse (ammesso che vuole) non può esercitare la sua funzione per manifesta “inferiorità numerica”. Pare, inoltre, che uno dei massimi dirigenti della SAI8 sia strettamente imparentato con un autorevole inquirente che si è occupato di indagini proprio sulla SAI8. Sicuramente, tutto all’interno della legge, ma altrettanto sicuramente inopportuno come, pare, risulti da una recente ispezione ministeriale. Aggiungiamo poi che nella quota azionaria della SAI8 c’è anche quasi l’11% di un noto presidente di una nota squadra del circondario.
Cuciniamo tutti questi ingredienti nello stesso pentolone e quale fine pensi possa fare il referendum? Ho letto diversi giorni fa la proposta di un politico locale che argomentava l’unica azione di contrasto veramente possibile in questo momento (in attesa di migliori sviluppi) e cioè ridurre fin da ora il contratto da trenta a dieci anni. Non è una cosa da poco, pensate a quanto potrebbe risultare destabilizzante per le “strategie” a medio e lungo termine di un’azienda privata che già da subito è sembrata in difficoltà (si pensi alla mai ottenuta fideiussione bancaria).
Questa proposta, stranamente apparsa dal nulla, è ritornata rapidamente nel nulla. Ha fatto, in pratica, lo stesso effetto delle due improbabili “ferme e vibranti” prese di posizione sull’acqua pubblica, del nostro fantastico consiglio comunale. Niente di nuovo sotto il sole.