In città una campagna referendaria un po’ in sordina, quando la comunità ha invece bisogno di un forte e consapevole no alle Trivellazioni, ai capilista bloccati, il no alla buona scuola, al no al contratto a tutele crescenti, il no al demansionamento.
Una scelta consapevole che ha bisogno di volti riconoscibili in città, quegli stessi volti che hanno sostenuto Civati alle primarie del Pd e che ora sembrano essere ritrosi e ritirarsi in attesa di eventi, quando la città e la comunità in cui viviamo ha bisogno invece di discontinuità.
Quella discontinuità che potrebbe essere la chiave per dare nuova speranza alla nostra comunità.
“Quella di Renzi non è più neppure un’evoluzione del berlusconismo, è Berlusconi”. Lo ha detto Pippo Civati a Firenze nell’ultima giornata del Politicamp di Possibile, il movimento fondato dal fuoriuscito del Pd, commentando quella che alcuni quotidiani definiscono oggi la “rivoluzione” di Renzi.
“E’ il titolo di tutti i giornali da due anni”, ha aggiunto Civati, ma “le condizioni degli italiani non sono cambiate”.
“Renzi dice che noi siamo dei nemici perché non siamo possibili ma improbabili: secondo me è improbabile lui e sempre di più”.
Il Partito democratico oggi sarebbe per l’ideatore di Possibile “al minimo” perché non sta in nessun luogo, perché ha voluto recidere i rapporti valoriali di rappresentanza”.
Una situazione che, secondo Civati, è la conseguenza “di un partito pigliatutto che può anche non prendere niente. E’ un destino terribile – ha concluso – di quelli come Renzi”.
E anche sui referendum proposti a quelli che spera essere i suoi compagni di viaggio, Pippo Civati ha chiesto di “mettersi a fare subito quello che possiamo” perché anche uscire dal Pd “non è un salto nel vuoto, quello che rischia di essere vuoto – ha concluso – è proprio il Partito democratico, o della nazione o come si chiamerà.
«Non siamo più disposti a rimanere all’interno di un partito in cui non ci riconosciamo. E ci teniamo a precisare, con forza e determinazione, che non siamo noi ad uscire dal Pd siciliano ma ci vediamo costretti ad andar via». Finisce così una lunga lettera pubblicata poche ore fa sul blog di Giuseppe Civati: a scriverla è Valentina Spata, a capo dell’area siciliana che fa riferimento all’ex candidato alla segreteria del Partito democratico. A sottoscriverla «già più di seicento tra amministratori, dirigenti locali e semplici militanti, contro un partito consegnato al centro destra», afferma spiegando il gesto. Lei, ragusana, ha personalmente già lasciato il partito in polemica lo scorso ottobre, a causa dell’ingresso nel Pd dell’ex sindaco del capoluogo ibleo Nello Dipasquale.
Queste le parole di Valentina Spata la quale tra l’altro afferma che tra i firmatari vi è anche Sebastiano Ferlisi, assessore del comune di Noto.
Mi auguro solo che la Sicilia diventi un laboratorio politico e che questa nostra scelta magari apra un percorso simile in tutta Italia», conclude Valentina Spata.
Anch’io penso che se si vuole costruire qualcosa di utile a sinistra è il momento che i Civatiani locali escano allo scoperto e lascino i posti in maggioranza.
Evarco
Già da tempo, se proprio vogliamo dirla tutta, i civatiani locali avrebbero dovuto uscire allo scoperto e lasciare i posti in maggioranza come ben dici tu, Evarco. Invece si continua a stare con un piede dentro due scarpe e questo non va proprio bene, o quantomeno, non aiuta a fare chiarezza. E poi, dimmelo tu che certametne ne capisci più di me di politica, che ci sta a fare un civatiano in una giunta come l’attuale? Boh!
Cara Cetty, cerco di usare buon senso e di non farmi intrappolare dalle convenienze politiche. Piuttosto penso che voi donne in questo processo di cambiamento dovreste avere un ruolo da protagoniste. La storia classica ci dà ottimi esempi. Per quanto attiene ai civatiani qualcosa mi dice che a breve ci saranno novità
Me lo auguro davvero. E’ tempo di cambiamento. Non se ne può proprio più di difensori delle cause perse, di gente pur intelligente, seria, perbene che però chissà perché, ha deciso di chiudere gli occhi di fronte all’evidenza. Si può ancora cambiare. Anzi si deve.