Le prese di posizione e le dichiarazioni che via via si accavallano sull’affaire Grecia sono un bell’esempio di quanto un particolare punto di vista possa essere spacciato per principio generale, trasformandosi per incanto in inappellabile presupposto per censurare chi la pensa diversamente.
Cos’è che rende un punto di vista più legittimo di un altro? La quantità di persone che lo adotta? O la loro forza economica? O quella militare? O quella di orientamento dell’opinione pubblica? Forse un po’ di tutto questo. Vedo di certo mal piazzata, in questa ipotetica classifica, la credibilità, o se preferite, l’autorità morale di chi si cimenta nella nobile arte del discernere il Giusto dall’ Ingiusto.
E’ già molto più semplice condividere princìpi, quando si tratta di singoli individui. Come si sa, le cose si complicano in modo esponenziale man mano che aumenta il livello di aggregazione: famiglia, comunità cittadine, regioni … La salvaguardia del gruppo può giustificare anche le peggiori nefandezze: da un ospedale conteso tra paesi limitrofi, per partito preso senza una compiuta idea del modello di sanità desiderato, alle più creative soluzioni per arginare l’esodo epocale di disperati a cui stiamo assistendo. Più si è prossimi ai limiti di tolleranza rispetto ad esigenze primarie del gruppo, più è giustificato l’allontanarsi dai dettami che l’etica sociale e religiosa impongono ai singoli individui.
Così è in questi giorni per la Grecia. C’è il punto di vista dei greci, o meglio, della maggior parte dei greci, cioè di quelli che ritengono insostenibili ulteriori peggioramenti al proprio tenore di vita. C’è quello di una minoranza di greci che ha tratto giovamento dalle trascorse allegre gestioni dell’economia nazionale e che magari continua ancora ad arricchirsi nonostante tutto. C’è poi quello dei creditori europei economicamente solidi – o presunti tali – e quello dei rimanenti cosiddetti PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Spagna) più che mai in bilico e c’è quello dell’ineffabile Fondo Monetario Internazionale. Ognuno dei quali attestato nella difesa, legittima per carità, dei propri interessi e alla ricerca del miglior compromesso per i propri azionisti di riferimento.
E allora, come per incanto, tutto diventa lecito per ciascun contendente. Tutti ad enunciare ineluttabili ed universali principi a sostegno delle proprie ragioni. Tsipras a difendere (male) una bella fetta del suo popolo ormai allo stremo. La Merkel a difendere l’assetto finanziario tedesco che non vuole affatto sacrificarsi per la colpa di essere quello che funziona meglio, giovandosi persino delle difficoltà degli altri partner. L’Italia di Renzi a darsi un ruffiano contegno, quasi a voler allontanare a colpi di immagine il fondato pericolo di essere noi i prossimi. Il mondo finanziario (leggasi speculazione internazionale), ormai regolato soltanto da se stesso, in nome dell’irrazionale, quanto immorale, certezza che sarà l’invisibile e miracolosa manina del mercato globale a mettere tutto a posto in un fantomatico salvifico compromesso tra opposti interessi. Un’incessante ricerca di effimeri equilibri che sottendono un’unica strategia, immutabile nel breve, nel medio e nel lungo periodo: ottenere, senza alcuno scrupolo, la massima utilità’ da ogni situazione al minor costo possibile. Come si dice in gergo, finanche a mordere il cadavere.
In un quadro del genere, in cui il concetto di giusto è essenzialmente relativo ed usato come una piccola coperta contesa tra distinti portatori di interesse (stakeholders per gli anglofili), alla fine prevale chi ha il maggior potere contrattuale.
Ai piccoli, come la Grecia, non resta che tirare la corda fino a paventare l’uscita dall’euro, con tanto di ristrutturazione (leggasi auto riduzione) del debito e, perché no, uno scomodo flirt con Putin.
Ma sia ben chiaro, siamo tutti come ad una grande fiera di paese. Si fa la voce grossa, si chiede 100 per ottenere 10, ci si alza dai tavoli delle trattative fintamente incazzati per poi ritornarci. Le regole rimangono da sempre uguali, come la natura degli uomini che le applicano.
Non aspettiamoci quindi colpi di scena nell’immediato. Quelli verranno se e solo quando i disperati, al di qua ed al di là del Mediterraneo, raggiungeranno numeri ben maggiori di oggi. Non si può escludere che ciò possa avvenire a breve, ma è più facile che trascorrano altri anni. E di certo non saranno migliori di questi ultimi, specie se il terrorismo, o se volete il nemico esterno in senso più lato, dovesse essere utilizzato, per l’ennesima volta nella storia, come impareggiabile collante e stabilizzatore di sistemi sociali e politici in crisi.
Ma di tutto ciò non fatene parola in giro. Il silenzio, in questi casi, è per tanti un gradito ornamento.
LINCONTINENTE
P.S. La volta scorsa un amico del blog chiedeva se il piano B fosse quello di prelevare i soldi dalla propria banca per metterli più al sicuro. Penso che, a meno di non delocalizzare la propria sede in puro Marchionne style, non esista alcun modo per mettersi al riparo da possibili tempeste economiche. Potremmo solo aderire tutti al movimento di Pallante che sostiene la decrescita felice. Per la decrescita, come si è detto, nessun problema. Per il felice ci si può facilmente lavorare su. In fin dei conti non è altro che un gratuito stato mentale.